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12 aprile 1970: “Sa die de sa Sardigna”. Il Cagliari è Campione d’Italia!

Omaggio agli eroi dello scudetto

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12 aprile 1970. Bellissima giornata di sole, tutto esaurito allo stadio Amsicora, non ci sono posti liberi neppure sulla “tribuna alberata”. Il Cagliari ospita il Bari, può essere il giorno giusto, il giorno del tricolore. Gigi Riva omaggia il pubblico con dei fiori in barba alla scaramanzia. Di bianco vestiti, i rossoblù possono cucirsi il tricolore sul petto con due giornate di anticipo.

Il peggio è alle spalle, lo scudetto perso la stagione precedente brucia, ma dopo aver bloccato la rincorsa della Juventus il 15 marzo al Comunale di Torino, ora Riva e compagni sono ad un passo dalla storia, dalla leggenda, inconsapevoli che 45 anni dopo, quel caldo giorno di primavera sarebbe rimasto scolpito in maniera indelebile nelle memorie e nei cuori dei sardi e non solo. Lo scudetto a Cagliari: impensabile anche solo pochi anni prima.

Quel 12 Aprile 1970, il Cagliari, con una rete in acrobazia di testa di Riva e con un fendente in diagonale di Gori supera il Bari per 2-10. Alle 17:12 il triplice fischio: il Cagliari è Campione d'Italia!

Riva disse:

“Avrei guadagnato il triplo. Ma la Sardegna mi aveva fatto uomo, ormai era la mia terra, ci ero arrivato a 18 anni. All'epoca ci sbattevano i militari puniti. Ci chiamavano pastori o banditi, oggi si scazzottano per fare le vacanze qua. Avevo 23 anni, la grande Juve voleva coprirmi di soldi, io volevo lo scudetto per la mia terra. Ce l'abbiamo fatta, noi banditi e pastori”.

Recentemente ha aggiunto:

“Uno scudetto vinto con il Cagliari ne vale dieci con la Juventus”.

Già, Riva. Lui il braccio, Scopigno la mente di quella macchina perfetta capace di subire appena 11 reti in tutto il campionato. 11, come il numero di maglia di Riva, che di reti in quella stagione ne mise a segno ben 21. Una proprio nel primo tempo di quella gara contro il Bari. Non una rete qualsiasi, ma una rete alla Gigi Riva: di testa, in tuffo acrobatico, una delle sue specialità. Poi il sigillo finale di Gori con una bomba sotto l’incrocio, le giuste notizie dagli altri campi, la festa in campo e fuori.

Quel mitico scudetto non fu solo una vittoria sportiva probabilmente irripetibile. No, fu molto di più. Rappresentò l’ingresso della Sardegna in Italia. “Sa die de sa Sardigna” non è stata quella del 28 aprile 1794, no. Allora i piemontesi ebbero comunque la meglio sui sardi.

Il 12 aprile del 1970 invece, tutti si piegarono al Cagliari e alla Sardegna, piemontesi e lombardi compresi. Per sempre. Perché da quel giorno un’intera isola non fu più terra di punizioni militari, non fu più terra di banditi e pastori, divenne invece l’isola dei sogni, l’isola delle magie, la terra di Gigi Riva e compagni. Loro che di lì a poco composero la spina dorsale della Nazionale che giocò il mondiale in Messico, e sfiorarono l’impresa perdendo in finale contro il Brasile più forte di tutti i tempi.

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