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Carenze usate come scuse ed un ultimo posto che viene da lontano

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Dopo la gara con la Roma, ci si era lasciati con la speranza di ritrovare un Cagliari che contro il Bologna potesse ripartire dalle poche cose buone viste in campo contro i giallorossi.

Al Dall'Ara invece, è andato in scena il peggio di ciò che una squadra ultima in classifica possa offrire. Paura, sfiducia, fragilità e smarrimento.

Misti a degli (o)rrori tecnici (vedi le due reti subite) ed all'unico tiro in porta della gara di Marin dopo il novantesimo.

L'attuale Cagliari di Mazzarri è un gioco inceppato che ormai, in virtù dei risultati, diverte solo gli avversari e avvelena la propria tifoseria.

Si procede di pancia e a vampate, in un continuo alti e bassi, dove i secondi superano di molto i primi. Escluso uno scolastico, quanto mal interpretato 4-4-2, la squadra in campo non ha né lo stile, né la verve di chi è all'ultimo posto e deve sputare sangue.

Stupisce in oltre, dalle dichiarazioni concesse, anche la lettura della realtà degli interpreti.

Se mister, giocatori e presidente da una parte, minimizzano gli effetti delle loro prestazioni (6 punti in 11 giornate), dall'altra c'é il tifoso che pretenderebbe i giocatori mangiassero l'erba.

Le parole di Giulini nel dopo gara, erano infatti di questo tenore.

Si evidenziano i tanti alibi (tutti giusti), dimenticando però, in primis, che alcuni esistono per ogni squadra, ed in seconda battuta, che un inizio così disastroso meriterebbe un mea culpa molto più marcato, visto che è lui a capo del Club.

Perché se è vero che i rossoblù soffrono le tante assenze, è anche vero che la rosa dovrebbe garantire sostituti di livello grazie a mercati ponderati e calibrati ad hoc.

O se è vero che si paga l'inesperienza dei giovani, il Cagliari non è certo l'unica squadra a schierarne in campo e a dover sopperire a quest'aspetto.

Capita invece che quando la prestazione è appena accettabile, il giovane diventi una “creatura”della società, quando avviene il contrario diventa alibi e parafulmine di risultati che sono sotto gli occhi di tutti.

Un gruppo forte, che vuole cambiare marcia, butta i remi in mare e comincia a darci dentro. Se a creare ulteriori alibi ci pensa il suo massimo esponente, è chiaro che a pioggia, ciò che arriva allo spogliatoio è una voglia matta di piangersi addosso.

Tanto c'è sempre la risposta perfetta ad ogni evenienza. E allora almeno, facciamo le domande.

I 12 passaggi a ritroso da Lykogiannis a Carboni cosa sono? La mancata chiusura sul taglio in verticale del primo gol del Bologna? Il raddoppio di marcatura sulla palla che ha aperto una prateria nel secondo?

L'evanescenza di Joao Pedro in trasferta? La grave espulsione di Caceres che si è fatto buttare fuori? La solitudine di Pavoletti? Il calo di un Godin che da valore aggiunto è divenuto giocatore normale quanto a rendimento? Deiola che da non-regista, si impappina nel contropiede, perché non è il suo ruolo, ma qualcuno li ce lo ha messo?

E non ultima, l'esplosione di Simeone a Verona? C'e forse un aria migliore in Veneto? O a livello di capacità gestionali del calciatore, ad oggi, sono molto più avanti rispetto allo staff dipendente da Giulini?

Di certo ci sono due cose.

Che il prossimo avversario si chiama Atalanta, e che i prossimi alibi saranno direttamente proporzionali alle mancate risposte di chi gestisce il Cagliari ma vuole sempre venir fuori pulito dalle burrasche, nonostante forse, primo responsabile di scelte spesso sbagliate.

Chi comanda, faccia un passo avanti, e non crei paracaduti di bambagia per i suoi (colpevoli) dipendenti. La foto del Cagliari sta nella sua classifica.

I numeri parlano sempre molto chiaro, e mai politicamente corretto.

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