Come spesso capita nel calcio, vincere aiuta a vincere. Tanto più, se a una manciata di giornate dalla fine (eri) con l'acqua alla gola come il Cagliari, e lo scoramento pervadeva tutto e tutti.
Invece capita che in successione, i ragazzi di Semplici vincano tre partite in 9 giorni, riaccendendo speranze, certezze e orgoglio di un intera piazza.“Quello spirito guerrier ch'entro mi rugge”, direbbe Leopardi.
Le vittorie contro Parma, Udinese e Roma infatti, cosa sono, se non il segnale che il gruppo si è ritrovato ed è sintonizzato con l'atteggiamento giusto per potersi salvare?
Ci si poteva “svegliare”prima?
Forse. Sta di fatto che a 5 giornate dalla fine e con 15 punti in palio, i rossoblu debbano raccattarne il massimo possibile senza se e senza ma. Ovunque.
Anche contro il Napoli? Ci si prova.
In trasferta? Non deve essere un alibi.
Se le vittorie infatti sono il viatico giusto per trovare certezze e compattezza di gruppo, il credere fortemente che nella partita successiva tutto si possa ripetere, è già questo, più di metà dell'opera.
Una cosa era andare al San Paolo nelle condizioni di qualche mese fa, una cosa è andarci ora.
Con una bagarre salvezza ancora tutta da decidere, una squadra coesa attorno al proprio mister e tanti sassolini da doversi togliere, tanto è ancora da scrivere.
La forza del Cagliari in questo finale di campionato, forse, è proprio questa. Essere cioè, ancora una “squadra ferita” che ha voglia di riscatto dopo le tante partite infelici dei mesi scorsi.
E se questa rivalsa, che si è fatta attendere per così tanto tempo, ora è esplosa, la si lasci esprimere nella sua impronosticabile potenza contro tutti e tutto. Siano esse big o dirette concorrenti, partite in casa o lontano dalla Sardegna Arena.
La squadra di Walter Semplici pare infatti al momento, capace di qualsiasi cosa, o quasi. Una mina vagante pronta a detonare contro chiunque, a patto che si giochi con garra e si rimanga sul pezzo.
La giusta dose di pazzia e inconsapevolezza, che permette di andare al San Paolo e non farsela sotto. E forse chissà, non rientrare sconfitti.