Naufragare a picco in classifica, lascia cicatrici mentali enormi. In qualsiasi campionato, epoca o latitudine, non giovare dei frutti del proprio lavoro (e nel caso del Cagliari, di questo si tratta), può portare ad uno smarrimento tale, da non riuscire più a rialzarsi.
I rossoblu di Di Francesco purtroppo, si trovano in questo spiacevole incubo, e dopo la sesta sconfitta consecutiva ciò che si concretizza all'orizzonte, sembra proprio l'incapacità, non nelle intenzioni ma nei fatti, di cambiare marcia e rialzare la testa in campionato.
Ma cosa può scattare nella testa di una squadra, dopo sei sconfitte di fila?
La paura di continuare a perdere - La fobia cioè, di smarrire il contatto con la realtà e di non salire sul treno giusto, gara dopo gara, per riacciuffare il bandolo della matassa, come altre dirette concorrenti stanno facendo per tempo.
La scarsa lucidità - Soffrire cioè di quell'inspiegabile “frenesia”che durante il gioco è causa di errori tecnici come passaggi, tiri a vuoto, marcature errate, nervosismo e palloni che scottano, che è bene subito passare al compagno per togliersi velocemente dall'imbarazzo del giudizio.
L'abitudine alla disfatta - Ovvero l'entrare nella parte di squadra Cenerentola, dove per l'avversario di turno, tutto è concesso, lasciando in qualche modo che le cose vadano così, quasi senza colpo ferire. Compreso perdere contro dirette concorrenti (ad esempio Benevento e Genoa) o non facendo drammi per sconfitte in casa come con Udinese e Spezia (quanto farebbero comodo oggi quei punti).
Pensare di essere limitati - Cioè in qualche modo autoconvincersi che le proprie doti tecnico-tattiche, siano in qualche modo sempre inferiori per bontà o quantità a quelle dell'avversario. E constatare poi, ormai dentro questa spirale negativa, che effettivamente i risultati dicono questo.
Il girone di ritorno è dietro l'angolo, e battere il Sassuolo è l'imperativo per un Di Francesco fresco di rinnovo. Forse la sua riconferma, è anche il monito alla squadra per credere nei propri mezzi e levarsi alla svelta dalle brutte acque in cui da tempo si sta navigando, certamente non tranquille.
A patto comunque che certi “fantasmi” restino fuori dalla testa e dallo spogliatoio.