Neppure il tempo di rientrare dall'ultima trasferta contro il Milan, e in casa Cagliari si è già voltato pagina in previsione del futuro. Pronti via, e la nuova stagione rossoblu è partita col botto.
Il cinquantunenne pescarese scuola Zeman, il cui credo tattico di riferimento è che “la prima difesa sia l'attacco”, sbarca in Sardegna con ottime ambizioni. Mercato permettendo, il nuovo tecnico dovrà cucirsi addosso il miglior Cagliari possibile reparto per reparto, per esprimere al meglio il suo 4-3-3, in tutti i vantaggi che questo modulo di solito produce, ma anche limitandone i possibili difetti.
I pregi
A partire dalla linea dei difensori, è un tipo di modulo che (se bene interpretato) regala ordine e compattezza dietro e lucidità nelle ripartenze. Si presta inoltre a cominciare l'azione dai terzini, di solito uno di spinta ed uno di contenimento, che accompagnando la manovra, si alternano in avanti a supporto del centrocampo e (nei casi migliori) a crossare dal fondo dopo uno scambio in triangolazione.
A giovare da questo assetto, anche il reparto offensivo. Densità di giocatori a centrocampo ed in attacco, è tutto quello che serve a personaggi come Nainggolan e Nandez (se restano), per trovarsi gli attaccanti pronti allo scambio e al successivo scatto in profondità ad aggredire gli spazi, per poi imbucarli in verticale e mandarli a trafiggere i portieri, o (possibilmente) bombardare da fuori area la porta avversaria.
I difetti
La più grossa criticità di questo modulo è che (se bene interpretato), è molto dispendioso. Si deve correre tanto sia con la palla che senza, e a volte arrivare lucidi sotto porta diventa una chimera. Impostare dalla difesa e uscire palla al piede inoltre, conserva come spesso accade, tutti i tranelli di possibili palloni intercettati in zone off limits e relativi pericoli.
Il 4-3-3 funziona bene se la squadra respira, corre, si allarga e fraseggia all'unisono. Basta un interprete fuori dal coro, e saltano tempi, inerzie ed equilibri. Abbassarsi nella propria area e subire la pressione avversaria, è il più classico rischio di chi, frustrato e stanco, non riesce a costruire e non trova nel compagno più prossimo, una sponda per rifiatare.
Trovare gli interpreti giusti quindi, sarà per il neo mister Di Francesco di vitale importanza. Il calcio propositivo cui ambisce, è solo una faccia della medaglia.
L'altra, come detto, è sacrificio e dedizione, che non sempre (il centenario lo conferma), sono facili da far tirare fuori e sempre ai calciatori.