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L'apnea vincente e la brutta istantanea: a volte le differenze sono solo illusione

L'analisi del match contro l'Avellino

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Avete mai provato a fare una sfida di apnea? Ne sono sicuro, almeno tra amici, magari sott'acqua. Ricordate quei momenti? La sofferenza, la voglia di battere lo sfidante e la sensazione di non riuscire a mantenere più il fiato sospeso. La sofferenza, il volto che diventa rosso, sino a quando non avete visto il vostro amico gettare la spugna e respirare a pieni polmoni.

E allora mollate anche voi, aprite le vie respiratorie e sentite l'aria all'interno del vostro corpo, e sentite il piacere della liberazione. Ecco, ora pensate a quegli istanti immediatamente successivi al rilascio. Non state subito bene, non sareste pronti ad un'altra sfida, o quantomeno non sareste sicuri di vincerla.
Ieri il Cagliari ha sofferto, ha tenuto il fiato sospeso, poi ha visto l'Avellino incominciare a respirare e ha capito di aver vinto. Eppure è solo un sollievo temporaneo, perché appare sin troppo evidente che c'è ancora tanto, ma tanto da lavorare.

La notizia positiva è che il Cagliari è secondo da solo, dietro al Livorno a punteggio pieno. Un dato che può solo dare sicurezza alla squadra, che sta riuscendo a rimanere attaccata alla testa della classifica pur giocando ampiamente al di sotto delle proprie potenzialità. Ieri i rossoblù hanno fatto il Cagliari per settanta minuti circa, poi hanno pensato di avere autonomia sufficiente da poter utilizzare solo la batteria, hanno staccato la spina e rischiato che la macchina si spegnesse come già successo a Terni. Sino a quel momento i sardi avevano dimostrato, salvo un paio di occasioni per l'Avellino, di poter gestire in scioltezza la gara. Merito anche, o soprattutto, della grande qualità degli interpreti, con la manovra accesa dall'elevato Q.I. calcisitico di Di Gennaro e dall'imprevedibilità di Farias.

Il brasiliano ha deliziato la platea con numeri da circo, ha guadagnato una cena che Marco Sau gli dovrà offrire dopo l'assist alla Manu Ginobili servitogli, e ha dimostrato, con la sua uscita dal campo, di essere un giocatore essenziale per la fase offensiva del Cagliari. Senza il funambolo di Sorocaba i rossoblù risultavano più scontati e decisamente meno pericolosi.

Tanto lavoro ma un po' meno lucidità in fase di realizzazione per Melchiorri, che deve ancora trovare la forma migliore e a tratti è apparso un po' fuori dalla manovra. Ma sinché timbra il cartellino, come avvenuto ieri, non gli si può rimproverare granché, perché in fin dei conti il contadino zappa, il muratore costruisce e il centravanti segna.

Aldilà delle imprecisioni compiute dai sardi oggi, c'è un'istantanea che merita di essere cancellata più di ogni errore in campo. Ad un certo punto della partita ho visto tifosi del Cagliari fischiare altri tifosi del Cagliari, ho sentito cori di tifosi del Cagliari contro altri tifosi del Cagliari. Ho pensato che forse fossi io a non capire, che il problema stesse in me. Così ho cercato sul dizionario il significato della parola "tifo". Ho trovato subito una definizione convincente: "Nello sport, entusiastica passione per una squadra o per un atleta, anche sostenuta da gruppi organizzati di tifosi". I tifosi sostengono una squadra, non un settore, lo fanno tutti insieme.

Lo fanno perché il calcio è gioia, è unione. Il Cagliari è il motore del calcio in Sardegna, è il pacemaker che fa battere il cuore ad un'isola, unita anche dalla passione per quei colori. Non importa se guardiamo la partita in tribuna centrale, in Curva Sud, in Curva Nord, nei Distinti, se siamo Sconvolts o abbonati, conta che tifiamo il Cagliari, che tutti aspettiamo il fine settimana per poter sentire il proprio corpo vibrare in preda alla passione per quel rettangolo verde e per quelle undici maglie rossoblù. Che senso hanno le guerre intestine?

Come sarebbe bello sentire tutto il Sant'Elia cantare all'unisono, vederlo diventare una bolgia che possa far tremare le gambe ad ogni avversario. Forse è ingenuità, forse è solo un sogno. Ma a volte i sogni si avverano, quindi tanto vale perseguirli. Spesso, ad esempio, si sogna di rivivere lo scudetto del '70. Lo sognano nella Nord e lo sognano in Tribuna.

A volte le differenze sono solo un'illusione.

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