Rieccoci di nuovo qui, dopo un’altra partita storta del Cagliari, a riflettere su cosa non sia andato nella prestazione e a chiederci perché questa squadra non decolli. Un rituale che negli ultimi tempi è diventato spaventosamente ricorrente, purtroppo persino al termine di gare giocate contro squadre decisamente alla portata dei rossoblù.
La serata post Ascoli non ha riservato sorprese in questo senso, anche se la partita in sé è stata piuttosto beffarda per i sardi, almeno considerate le fredde statistiche. Tuttavia nel calcio i numeri contano il giusto quando vinci e ancora meno quando perdi, ciò che fa la differenza sono i fatti concreti. E nei fatti il Cagliari ha sviluppato sì una manovra avvolgente, ad ampio respiro e forse a tratti esteticamente apprezzabile, ma totalmente inefficace rispetto ai fini del gioco, ovvero fare gol e vincere le gare.
Non è la prima volta che succede, perciò sembra evidente a molti che l’impianto tattico costruito da Liverani, almeno con questi interpreti a disposizione, fatichi a funzionare. Il 4-3-3 - modulo sul quale il tecnico basa il proprio credo - isola troppo la punta centrale e la porta ad eclissarsi col tempo. Questo succede perché gli interni di centrocampo - che dovrebbero riempire l’area con inserimenti continui e ricevere i palloni provenienti dall’esterno - molto spesso non avanzano, piuttosto arretrano per coprire i buchi lasciati dai terzini proiettati in avanti. E qui sopraggiunge la seconda macro criticità di questo gruppo, ossia la fragilità : la squadra incassa troppi gol a causa di errori individuali evitabili che al momento non può assolutamente permettersi. Gli infortuni di Radunovic sono lapalissiani e poco giustificabili ma sono stati solo gli ultimi di una lunga serie di svarioni commessi da quasi tutto il pacchetto difensivo.
Perciò a Liverani l’onere di guardare la luna anziché il dito: c’è molto da variare nell’impostazione del lavoro quotidiano, qualcosa non funziona ed insistere integralmente sulla proposta attuale sarebbe deleterio. Per il tecnico ovviamente. D'altronde i possibili scenari in questi casi si diramano come in un bivio: o cambia la gestione della squadra o deve essere cambiato chi la gestisce.