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La guerra di Leonardo

L'analisi del match contro l'Udinese

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Minuto novanta e Leonardo Semplici, tenore da normalman e corde vocali da tenore, non resiste più. Fuori Pavoletti e dentro Rugani, praticamente una dichiarazione di guerra. Abbassa il baricentro di trenta metri ma alza il muro e mormora (per la prima volta – dopo un'ora e mezzo da perderci la gola) che lo straniero, stavolta, non passa.

La gara è un altro macigno da scompenso cardiaco, ma stavolta col retrogusto agrodolce della guerra di sopravvivenza. Se sabato scorso il Cagliari aveva dovuto massacrarsi l'anima e la fantasia per far succedere qualcosa (concludendo la gara con Pavoletti, Joao Pedro, Cerri, Gaston Pereiro e Simeone in campo), stavolta la lotta è inversa, coi rossoblù che mostrano i denti per non far succedere nulla (e chiudendo con Ceppitelli, Godin, Carboni, Rugani, Zappa e Asamoah), tesi e antitesi.

Joao Pedro fa una roba fantascientifica (da Superlega, verrebbe da dire) ma il VAR gliela nega con la sua applicazione più controversa, con Guida che va a rivedere un intervento a metà campo di Marin giudicato regolare live, da un metro di distanza. Poi è chiaro che davanti alle immagini rallentate del monitor si annulla sempre, ma resta l'amarezza per un dettaglio del tutto ininfluente ai fini della giocata del brasiliano. Ma il VAR toglie e il VAR dà, perché nella ripresa Molina salta alla Cerri in Cagliari-Brescia 2019 (ricordate il rigore alla prima giornata?) e il direttore di gara concede la seconda opportunità a Joao.

Da quel momento i sardi arretrano col passare dei minuti sino a schiacciarsi e concedere un paio di occasioni nitidissime all'Udinese (una clamorosa a Nestorovski).

Ma se sabato i sardi l'avevano ripresa con la follia, ieri i rossoblù la vanno a tenere con la lucidità. Vicario fa il Cragno e prende anche le zanzare, Carboni non sbaglia una virgola. Poi c'è Razvan Marin, un bagliore accecante nel buio di questa stagione. Da regista ne azzeccava poche, ma semplicemente non era il suo mestiere. Ripristinato alla sua naturale vocazione, quella dell'interno di gamba, il rumeno ha fatto valere il pedigree. Trascinante nelle vittorie, baluardo nelle sconfitte, il Cagliari ha pescato un capitale che non può permettersi di dilapidare con una retrocessione. Dovessero evitare la discesa, i rossoblù si ritroverebbero ad avere un giocatore che ha capito la Serie A e sa interpetarla, ma soprattutto ad aver capito il giocatore stesso, che sarebbe pronto per la definitiva consacrazione.

Domenica toccherà a lui prendere in mano il centrocampo (Nainggolan sarà squalificato) contro una Roma che venderà cara la pelle in cerca di punti europei. Ma non ne avrà bisogno solo lei, anzi.

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