Non so bene come e perché, ma all'improvviso il problema peggiore pare sia diventato Nainggolan che scambia la maglia con Lukaku e due risate con Lautaro e Hakimi – compagni di merende sino a tre mesi fa – all'intervallo. Perché sì. Perché si può retrocedere, si può esser presi a pallate dallo Spezia, dal Verona e chi più ne ha più ne metta, ma quando il tifoso rossoblù vede i denti di Nainggolan si veste da Fedez ed estrae il cartellino rosso. Chi ride è fuori. Un po' come se il dipendente McDonald's decidesse di mollare la baracca per andare a lavorare nell'onesto, nostalgico e indimenticato ristorantino emblema della sua gioventù. Ma il giorno in cui quest'ultimo andasse a rotoli, e vuoi il caso il ragazzo facesse visita al vecchio caro fast food per un'improvvisa voglia di Big Mac, dovrebbe quantomeno sputare sui vassoi e rovesciare la Coca Cola. Guai a salutare i vecchi colleghi, chi diamine li ha mai visti?
Sono i controsensi tipici delle stagioni in cui non sai più per che cavolo arrabbiarti, non riesci più a sorridere e se non ci riesci tu non ci deve riuscire nessuno, manco Nainggolan, che dovrebbe scappare da Lautaro Martinez per tutto San Siro alla Frank Matano.
Il calcio è una cosa seria, ci mancherebbe, ma questo discorso è una follia che non esiste in nessun pianeta. Nemmeno in quello, sempre più remoto e distante, in cui il Cagliari si salverebbe.
Oggi la classifica dice che i rossoblù devono raschiare otto punti in otto gare (cinque al Torino se dovesse perdere il recupero, ma i granata sembrano avere un altro passo), che per quanto strano è una roba molto più difficile a farsi che a dirsi. Soprattutto se si considera il calendario tutt'altro che morbido che attende i sardi, ancora sorvegliati dalla spada di Damocle del terzetto Roma-Napoli-Milan ancora da affrontare. O il Benevento sviene, o il Cagliari vince le altre cinque o deve battere una delle tre. La partita di ieri ci ha detto che è possibile, o quantomeno non è impossibile (c'è una differenza sottilissima ma c'è).
L'Inter ha giocato al piccolo trotto, con Conte che ha nuovamente impostato la squadra secondo il leit motiv della Prima Guerra Mondiale: guerra di trincea e logoramento, minimo rischio e prima o poi qualcosa succede. E infatti succede. Qualcuno dice che è fortunato, in realtà è quanto di più pianificato esista nel nostro calcio, e su questo motivetto l'Inter sta costruendo uno scudetto. Basti pensare che un girone fa i nerazzurri andarono sotto in Sardegna (gol di Sottil, ahi che male) e faticarono sette camicie per ribaltarla. Il Cagliari era più bello, l'Inter era più brutta. Quattro mesi dopo l'Inter è ancora brutta ma è la più forte, il Cagliari è brutto ed è la meno forte di tutte, o giù di lì. E il calcio non è aritmetica, è vero, ma con questi presupposti difficile raccogliere di più. Speriamo non sia aritmetica ancora per un po'.