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E un'altra è andata

L'analisi del match contro lo Spezia

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E una è andata, dove per “una” si intende la squadra, più che la partita. Perché la salvezza, per quanto ansiogeno e sdrucciolevole sia questo campionato, è ancora ampiamente alla portata. Ma lo Spezia no, ora non lo si prende più. Sette punti sarebbero tanti a condizioni normali, ma col ritmo di quest'anno sono Mercurio-Plutone, andata e pure ritorno. Eppure, se il problema fossero solo i punti, si potrebbe quantomeno farci un pensierino, di quelli sussurrati, uno sguardo con la coda dell'occhio ma senza nemmeno voltare la testa. Il fatto è che la squadra di Italiano è un discorso a parte, un ragionamento che non ha senso fare in ottica retrocessione, o perlomeno non lo meriterebbe. Perché sinché Pavoletti non vede palla in mezzo a Skriniar e De Vrij te ne fai una ragione, ma se ad annullare il 30 (o il più forte colpitore di testa del campionato, a voler usare la perifrasi) sono Erlic ed Ismajli, qualcosa non torna o torna sin troppo bene. La partita di ieri ricordava nemmeno troppo vagamente “Acchiappa la talpa”, gioco da tavola per bambini in voga nei primi anni '00, coi giocatori a cacciare a colpi di martello le talpe che spuntavano da una parte all'altra del tabellone. Aldilà di quanto gli animalisti possano, a quei tempi, aver apprezzato vedere orde di bambini smartellare talpe senza pietà, lo Spezia (o il Cagliari, points of view) ha fatto quella esatta figura, con un sistematico recupero del pallone nella trequarti avversaria e i rossoblù con evidentissimi problemi in uscita. Perché il concetto è sempre lo stesso, la salvezza la si può ancora conquistare (quattro punti dal Benevento che oggi va all'Allianz Stadium non sono una follia), ma se le tue uniche risorse sono il lancio difesa-Pavoletti e il lancio difesa-Pavoletti, magari qualche difficoltà inizia a sorgere.

In effetti un grosso passo in avanti si è avvertito dal doppio cambio Pereiro-Simeone: il Cagliari ha iniziato a trovare qualche soluzione sul fraseggio e ha dimenticato per un po' la preghiera dei difensori a cercare il centravanti da sponda. C'è stato un momento in cui i rossoblù sembravano addirittura assoluti padroni del campo, con i due subentrati che hanno offerto nuovi spunti e lo Spezia che ha iniziato a giocare ad Acchiappa la Talpa. In quel brevissimo lasso di tempo i sardi avrebbero dovuto pareggiare; che detto così sembra la cosa più ovvia di questo mondo, ma se nel tuo momento migliore (o forse nell'unico momento buono) incassi il gol(lonzo), allora il piano gara salta completamente. E che quello fosse l'attimo buono, quello in cui il Cagliari aveva iniziato a prendere le misure era chiaro, prova ne sia l'1-2 arrivato poco dopo, con un ritardo lieve ma sufficiente a trasformare un gol del pari in uno svantaggio dimezzato. Per di più, fatte tutte le premesse, detto che i liguri erano stati bravi e belli e i rossoblù pochissima roba sino a quel punto, se Simeone avesse buttato dentro il pareggio al momento giusto, o se semplicemente Zoet non avesse posticipato l'esultanza di Pereiro, metto la mano sul fuoco che il Cagliari avrebbe addirittura vinto.

Questo è il calcio, dice la retorica, la stessa che insegna che sinché c'è vita c'è Serie A. Trenta punti a disposizione sono ancora un efficace calmante, ma alla prossima giornata saranno ventisette. E poi ventiquattro. E poi ventuno...

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