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Cercansi tre squadre da retrocessione

L'analisi del match contro il Genoa

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La nona di Beethoven, la pioggia che impetuosamente cade sulla finestra chiusa come a custodire un rifugio, la frase “il Cagliari non andrà in Serie B”. Tre suoni (in rigoroso ordine di razionalità) che non ci si stanca mai di ascoltare. E allora vengono riprodotti ad oltranza, spartito dopo spartito, nota dopo nota. Ma il ritornello dell'organico underperformante, di una rosa a disagio nei bassifondi della classifica, quasi rapita nel sottomondo come Michael in Space Jam, inizia a scricchiolare: in fin dei conti, tre squadre dovranno pur retrocedere. Si può pure far fatica a immaginare un Crotone redivivo, si può persino ottimisticamente ritenere che il Parma sia dietro e dietro rimarrà. Ma bisogna prenderne un'altra. Il Torino viaggia a umore (e punti) pari, Spezia e Benevento son tutto meno che il finger food da buttar giù in un boccone, l'Udinese ha appena inchiodato l'Inter di Conte e Lukaku e se si vuol fare la corsa sul Genoa diciamo che si son viste partenze migliori. 

Diciamo anche che ai punti il Cagliari non avrebbe meritato di uscire da Marassi con zero alla voce bottino e sull'onda del piagnisteo generale, se non altro per un secondo tempo in cui i rossoblù hanno praticamente giocato a palla avvelenata col Genoa. Ma è altrettanto doveroso specificare che se i sardi non avessero iniziato la partita col consueto diesel annacquato il problema di Santo Perin manco si sarebbe posto.

Forse vedere Lykogiannis caricato senza casco sullo scooter di Zappacosta, e portato a spasso per la fascia, è stato sufficiente per convincere la società a riportare in campo Asamoah (ammesso che il suo ginocchio resista - ed esista - ancora), ma è oggettivamente difficile pensare che il ghanese possa risolvere i problemi di un Cagliari che oggi – chi l'avrebbe mai detto – fa una fatica disumana a trovare la via del gol. Ieri c'è stato tanto palleggio (e ci mancherebbe anche, con Nandez, Marin, Duncan, Nainggolan e Joao in campo contemporaneamente e Simeone con la sua smania da fuga dall'area) ma poca sostanza, poco killer istinct (e non è la prima volta). Sicuramente ha fatto specie vedere il primo cambio al 70', quando Ballardini aveva già buttato in campo tre forze fresche, e soprattutto continua a sorprendere Sottil attendere così a lungo il suo turno in panchina: proprio lui, una delle pochissime note liete di questo Cagliari 2020-21 (oltre che l'unico con la superiorità numerica fai da te nelle corde).

La sensazione è che qualche passo in avanti ci sia stato, che la Giulinata possa fare da “scossa” come e quanto un cambio in panchina, e che i rossoblù abbiano le carte per cambiare rotta e tornare al sorriso con Di Francesco. Del resto ha ancora due anni e mezzo per riuscirci.

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