Con la testa sott’acqua e il respiro che manca, galleggiando in apnea. Avanzando ad occhi chiusi ma pur sempre procedendo, a tentoni. Camminando su un terreno che manca sotto i piedi, fluttuando.
Il Cagliari va, in qualsiasi modo ma va, spinto da una brezza che profuma di anno buono, quello che capita una volta ogni vent’anni ma capita. Stavolta la ragione cede il passo all’irrazionalità , colorando 90’ minuti che tendono al copione più che ad una partita di Serie A.
Come quel colpo di testa a tempo scaduto che non può, proprio non può, essere solo improvvisazione. È scritto da qualche parte, è provato prima di andare in scena ei blucerchiati son comparse in una pellicola che, almeno per una notte, vede in Alberto Cerri il suo attore protagonista. Il gigante rossoblù si arrampica in cielo come ad omaggiare chi, nello stesso campo, ci ha rimesso un legamento crociato. Con quell’incornata chiude la partita dell’anno e forse un cerchio, perché certi momenti, declinati nella versione più sportiva e istantanea dell’attimo, il gol, possono davvero cambiare una carriera. Alberto ne aveva bisogno, e ne aveva bisogno in questo stadio e in questa partita. Nessun altro suo squillo avrebbe avuto lo stesso peso, per la squadra ma soprattutto per lui, che a 23 anni ha l’occasione per cambiare il suo destino e prendersi tutto.
Un grosso colpo di scalpello nella statua che nello spogliatoio staranno erigendo per il numero nove dovrà darlo a Rafael: la vittoria per artificieri ha appannato i riflettori che si erano accesi sul portiere brasiliano, che ieri sera ha dato un’accelerata al desiderio di ricorso per Olsen. Il terzo guanto rossoblù ha sulla coscienza mezzo gol di Ramirez e il secondo di Quagliarella (preso sul suo palo), e dovrà sicuramente registrare qualcosina in vita delle tre gare da titolare che lo attendono. L’ex Verona si era affermato, negli anni scorsi, come uno dei vice più affidabili del campionato ma quest’anno, complice una concorrenza mostruosa, sta subendo oltremodo le pressioni piovutegli addosso. Sotto questo punto di vista può essere fondamentale aver portato a casa il bottino pieno e levato così la croce dalla sua schiena.
Non sarà l’unica prestazione incolore che si trasferirà in soffitta, perché anche le altre due variazioni da Lecce (Faragò e Castro) hanno deluso. Il primo si divide la fetta di colpa con Rafael sui gol subiti (e anche tanti cross sbagliati), il secondo ne ha azzeccate davvero poche, tra appoggi sbagliati e l’assenza della solita presenza in mezzo al campo.
Ancora una volta la copertina se la prende il terzetto Nainggolan-Nandez-Joao: il primo sembra un uomo eternamente in missione, il secondo entra e la spacca (e piace particolarmente nelle vesti dello sfascia-gare) e il terzo viaggia a medie centravantesche: nove gol in quattordici gare son roba da nove purissimo, e meglio di lui hanno fatto solo Immobile e Lukaku.
È il segno di un’annata in cui tutto sembra girare per il verso giusto, di un campionato che ha fatto salire sulla giostra il Cagliari e lo ha fatto ballare. Ma ora che i sardi danzano, anche senza musica, chiunque guardi balla con loro.