Dunque, riavvolgendo il nastro: un anno fa (di questi tempi) il Cagliari rinunciava a giocare contro l’Inter, presentandosi a San Siro in gita scolastica e venendo maltrattato dagli uomini di Spalletti. Dietro alla scelta di accettare passivamente i quattro ceffoni c’era l’impegno casalingo contro il Bologna, crocevia fondamentale in vista di un calendario tutto in salita. Ovviamente il Dio del calcio andava a punire la pavidità dei sardi, che si fermavano sullo 0-0 e risultavano profondamente risucchiati nell’isterico e agghiacciante vortice della lotta per non retrocedere.
Oggi i rossoblù, con cinque partite ancora da giocare, hanno conquistato la tanto bramata quota 40, hanno racimolato sedici punti nell’ultimo mese e mezzo e gonfiano il loro petto nella parte sinistra della classifica. Non è chiaro se il Cagliari abbia ancora motivazioni e gamba per mantenere la posizione, a maggior ragione se consideriamo il trittico di gare che attende i sardi (Roma, Napoli e Lazio, di cui due in trasferta), ma la sensazione è che i rossoblù abbiano dalla loro la possibilità di giocare senza pensieri, in infradito o all’attacco, certi di aver fatto il loro dovere.
Ieri la partita è filata via liscia, probabilmente perché sviluppata esattamente come Maran sperava si sviluppasse, con un gol rapido ed una gara di legittimazione del risultato. Il Frosinone non si è praticamente mai reso pericoloso e il Cagliari ha governato il risultato con diligenza e pazienza. A voler trovare il pelo nell’uovo si sarebbe potuto volentieri far a meno dell’espulsione finale di Faragò, l’ottava per i rossoblù, che la rendono la squadra con più rossi del campionato.
Una nota che stona ma che può esser letta in un’accezione diversa se sommata ad una netta crescita nella qualità delle giocate: il Cagliari ha alzato il tasso tecnico, Cigarini è salito in cattedra e sta telecomandando una squadra che sembra disegnata attorno ai suoi piedi ( e non più attorno ai muscoli di Bradaric). Se l’intensità e la quantità (testimoniate dall’irruenza delle otto espulsioni) sapranno levigarsi e diventare complementari alla qualità , questa squadra potrà ancora divertire.
Il giocatore simbolo di questa duplice natura dei sardi è sicuramente Barella, ma non va trascurato l’impatto clamoroso di Ionita. Probabilmente quest’anno, per la prima volta, il Cagliari ha potuto godere davvero del vero moldavo, e i risultati non hanno tardato ad arrivare. Fa legna e si inserisce, smista e combatte: Artur si sta rivelando l’uomo manifesto di questa squadra spada e fioretto.
Alla prossima si va a Roma e non sarà facile, anche perché i giallorossi avranno assoluta necessità di fare punti. Ma intanto torneranno Barella, Pisacane e Pellegrini, non tre a caso, e i sardi potranno giocare con la verve di chi non ha nulla da perdere. E non è poco.