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Il nostro piccolo-grande “scudetto”, tra probabili addii e poche certezze

L’analisi del match del Cagliari in quel di Torino

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Le premesse parlavano di tripudio bianconero, con la festa in programma per la celebrazione del terzo scudetto consecutivo della Juventus. Tutto è stato confermato ieri in uno Stadium esaurito (quasi) in ogni ordine di posto: una straordinaria coreografia, condita con le bandiere tricolori sventolanti, ha aperto e concluso una partita che per i padroni di casa, ma anche per gli ospiti, è stata un semplice allenamento di fine stagione.

Si è giocato 45’ minuti appena, giusto il tempo per siglare tre gol e preparare la serata di festa. Il resto è stata una passerella, nella quale i rossoblù hanno ricoperto il ruolo di comparse. Diciamola tutta, però: il Cagliari avrebbe potuto passare in vantaggio, se non fosse stato per una prodezza di Buffon, che ha dimostrato di essere in piena forma in vista del mondiale in Brasile, alzando in angolo una potente conclusione di Ibarbo.

Poi i bianconeri hanno cominciato a emergere, manifestando tutto il loro potere fisico e tecnico. La “foglia morta” di Pirlo è stata deviata abilmente sulla traversa da Silvestri, ma il pallone è andato a sbattere sulla schiena del portiere, terminando in rete. 6 minuti più tardi è stato invece Llorente, lesto a sfruttare una cattiva respinta della difesa sarda, a siglare il secondo gol.

Dessena, polmone rossoblù ieri non nella sua migliore giornata, ha avuto l’occasione per accorciare le distanze. Nulla di fatto, palla respinta da Buffon. Ci ha pensato Marchisio a girarsi in un fazzoletto e chiudere la pratica.

Sarebbe potuto essere un passivo ancora più largo, non fosse per le parate di Silvestri, specie quelle su Asamoah e Tevez. Proprio il giovane portiere rossoblù potrebbe essere uno dei punti fermi del Cagliari del futuro.

E gli altri?

Guardando al resto della squadra, si prospetta una vera e propria migrazione di massa. Astori prenderà la via di una big, c’è chi forse partirà per Leeds (Avelar, Tabanelli, Adryan), mentre c’è chi ancora non conosce il suo destino, e farebbe carte false pur di rimanere: parliamo di Conti e Cossu, due bandiere che rischiano di essere ammainate.

C’è anche chi, come Pulga, ha dichiarato di aver accettato la proposta, da parte di Cellino, di rimanere al timone della compagine sarda. Ora andrà in vacanza, perché dopo un campionato così travagliato un po’ di riposo occorre concederselo.

E ci sono anche coloro che vorrebbero riscattare una stagione opaca: parliamo di Sau, Pinilla, Cabrera, Ibraimi. Ma, chissà, anche loro potrebbero essere destinati ad altri lidi.

In ambiti paralleli si giocano le partite più complesse: una di queste la corsa alla società, che alla fine non si sa a chi sarà venduta, ma soprattutto “se” verrà ceduta. Tra americani sponsorizzati da Silvestrone e sardi capitanati da Delogu, con a seguito imprenditori milanesi tifosi dell’Inter, vedremo chi la spunterà. Sogno americano, ritorno ai gloriosi anni dello scudetto rossoblù, o bufale totali?

Siamo stanchi di un tira e molla che ci auguriamo possa terminare al più presto. Un primo tassello è già stato posto: quella quota 16.000 per la quale ci si è accordati in settimana e che eviterà un esodo forzato in altri impianti della Penisola. Ma non basta: il nuovo stadio deve rimanere l’obiettivo principe, la vendita della società è invece una questione personale del presidente.

Un campionato “tormentato”, dunque, è giunto al termine, anche se si prospettano, ne siamo certi, settimane o forse mesi ancora più burrascosi. Ma, è bene sottolinearlo, un piccolo scudetto ieri l’ha festeggiato anche il Cagliari: dieci anni consecutivi di Serie A non sono da tutti.

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