Un anno e mezzo fa, all’Olimpico di Torino, cominciava l’avventura di Diego Lopez alla guida del Cagliari. E non poteva esserci partenza migliore: prima vittoria stagionale, grazie alla marcatura di Nenè. Accanto all’uruguagio sedeva Ivo Pulga, costretto ora a guardare le partite dei rossoblù dalla sua poltrona in quel di Modena. Ma questa è un’altra storia.
Ieri l’emozione è sopravvenuta, ma si è immediatamente sopita, risucchiata da un match che ha visto per un’ora abbondante di gara una sola squadra in campo. Eppure, certe storie sono state riscritte: una di queste il gol di Nenè, autore della seconda marcatura consecutiva con un imperioso stacco di testa che, però, a nulla è servito.
Il Torino del “maestro” Ventura, così come lo ha definito Lopez, è stato abile nel comprendere quali fossero le fonti di gioco cagliaritane e arginarle, utilizzando un modulo di gioco adattabile a seconda delle situazioni che si presentassero.
Cerci si è rivelato una scheggia imprendibile (ma non è una novità), anche e soprattutto per Avelar, che proprio affidabile in fase difensiva non è, nonostante il tecnico ritenga sia oramai diventato un difensore “moderno” (capace, cioè, di fare bene entrambe le fasi, sia quella difensiva che offensiva). Dall’altro lato, in casa Cagliari è parsa invece sempre più consolidata l’asse Pisano-Nenè, con il selargino al secondo assist consecutivo per l’attaccante brasiliano.
Al di là del risultato, senza alcun dubbio giusto (sarebbe potuto essere anche più largo), a Torino si è potuta ammirare (?) una squadra arrendevole, senza mordente e con poca voglia di mostrare un bel calcio, al fine di puntare alla vittoria. Una squadra che ha deciso di cominciare a giocare troppo tardi, quando il risultato era pressoché stabilito.
Le premesse, però, avevano parlato di un gruppo concentrato, partito con un giorno in anticipo per preparare nel migliore dei modi la gara. A nulla, tutto questo, è servito. È stata riproposta la formazione di mercoledì scorso contro il Verona, con Conti al posto di Cossu. Ma contro questo Torino, tra l’altro privo del vice-capocannoniere della Serie A Immobile, lasciare in panchina il fantasista sardo, oltre ad Ibarbo e Vecino è parso, francamente, un azzardo. Morale: tutti e tre hanno fatto ingresso nel secondo tempo, quasi Lopez avesse compreso di non aver per nulla indovinato la migliore formazione.
Si è dovuto rinunciare a Sau, fermo per un problema all’inguine, ma anche il ritorno di Conti, dopo la riduzione della squalifica da 3 a 2 giornate, non è stato determinante: probabilmente il capitano ha voluto risparmiarsi (parliamo anche di cartellini) per il match contro la Roma di domenica prossima. Quello che, oramai, per lui è diventato un derby, oltre che una questione personale con i portieri giallorossi.
Da parte sua, Lopez ha difeso a spada tratta i propri giocatori, sostenendo che la prestazione sia stata di suo gradimento. Noi ci riserviamo di pensarla in maniera diversa, così come una buona percentuale di tifosi: per la cronaca, un plauso va ai supporters sardi venuti da tutto il Nord Italia, che a Torino non hanno mai smesso di incitare i propri beniamini.
Il piatto piange, con ancora lo zero nella voce “partite vinte in trasferta”. Tuttavia, bisogna prendere atto di una classifica, rimasta tale e quale. 8 sono i punti di vantaggio sulla terzultima.
Ma, piuttosto che fare calcoli cervellotici, sarebbe il caso di raggiungere prima possibile la fatidica “quota 40”. Domenica arriverà la Roma: sulla carta una sfida impossibile, in uno stadio con capienza ridotta e contro una squadra in piena corsa per un posto diretto in Champions.
Noi, però, siamo abituati alle sfide impossibili, nelle quali tiriamo fuori il nostro meglio. Mai dire mai, dunque. Il “colpaccio” resta un sogno che si potrebbe, chissà, realizzare. Iniziando, magari, a “giocare” dal primo minuto.