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Borriello: “Mio padre ucciso dalla camorra quando avevo 11 anni, il calcio la mia rivincita”

Toccanti parole dell'attaccante del Cagliari, intervistato da Luca Telese. "Non solo tatuaggi, ho anche una cicatrice da 35 punti".

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Il calcio, talvolta, può diventare una seconda possibilità. Un riscatto, da parte di chi ha la fortuna di essere nato con i piedi buoni, per scappare da una città che altrimenti l’avrebbe visto crescere in maniera differente. Marco Borriello, bomber del Cagliari, non è solo sorrisi e copertine sulle riviste più in voga, ma nasconde un passato oscuro. È stato Luca Telese a raccontarlo, in una toccante intervista sul quotidiano “Libero”.

“Sono cresciuto a San Giovanni a Teduccio, in provincia di Napoli. Non mi separavo mai dal pallone. Ma poi accade la tragedia: mio padre viene ucciso dalla camorra, avevo 11 anni. Vengo su coi miei due fratelli. Mia madre faceva tutto, anche da papà".

Poi la “fuga” da Napoli: “Mia madre credeva che nel mio quartiere non potessi essere tranquillo. Vado allora in un collegio di giovani calciatori in Emilia Romagna. Lei veniva a trovarmi ogni due mesi. In quegli anni vivo solo, imparo a conoscere i miei mezzi, divento sicuro di me. Il campo era il luogo più bello in cui stare e il pallone la mia vita e la mia rivincita. Da lì comincia la mia storia, che mi porterà a diventare un calciatore professionista”.

 

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