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Lopez: "Cagliari è la mia casa, qui sto benissimo. Conti? Sarebbe bello allenare insieme"

Le parole dell'ex rossoblù ai microfoni di Radiolina

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344 presenze e 9 reti da giocatore. Basterebbero i numeri per rendere l'idea di quanto Diego Luis Lòpez sia stato importante e abbia lasciato un segno indelebile nella storia del Cagliari. Non solo da calciatore (12 primavere in rossoblu), ma anche da allenatore, seppur quell'esperienza della stagione 2013-2014 non si sia conclusa nel modo migliore.

Quel numero 6 con la fascia da capitano a guidare il reparto difensivo è diventato una delle bandiere della società sarda. L'uruguaiano, che sulla panchina del Bologna ha trascinato (seppur esonerato sul finale) la squadra al ritorno in Serie A nella scorsa stagione, è al momento senza un “alloggio”.

Lòpez, intervenuto a “Il Cagliari in diretta”, trasmissione in onda sulle frequenze di Radiolina, ha rilasciato le seguenti dichiarazioni:

“Sto bene, sono tornato a “casa”: non solo io ma anche i bambini volevano tornare a Cagliari. Per me e per mia moglie va bene così. I miei tre figli giocano nel Cagliari, li seguo parecchio. Ho molto tempo e lo sfrutto per questo.

La vita da allenatore? E' molto diversa rispetto a quella del giocatore. Mi ricordo una partita sulla panchina del Cagliari che giocammo di domenica, e subito dopo stavo già programmando la prossima sfida. Ci sono momenti intensi, ma anche altri come quello che sto vivendo ora.

Aumentano le responsabilità perché sei tu che decidi tutto. L'allenatore non è solo quello che decide la formazione, ma altre cose che non si vedono. Come giocatore pensi a te stesso, ma come capitano, nella mia esperienza in rossoblù, pensavo anche agli altri.

Bisogna osservare quel che succede nello spogliatoio, quindi ero abituato prima di incominciare ad allenare. Conti? Vuole diventare un mio collega, magari si potrà lavorare in futuro in coppia.

Secondo me, in Italia ma non solo, c'è poco tempo per giocatori e allenatori. Anche io sono stato fermo per un anno, perché il presidente non mi fece partire. Se mi fosse capitato di questi tempi, sicuramente, qui non mi avrebbero mai conosciuto.

L'esonero al Bologna? Non so se sia stata giusta o meno la decisione. In quel momento io non me l'aspettavo e neanche l'ambiente. La partita prima avevamo giocato bene e vinto contro il Catania. Iniziammo la stagione senza una lira, questo era il grosso problema. Fino a dicembre, che siamo giunti secondi, abbiamo espresso un bel gioco. Dopo il mercato invernale, con gli arrivi di nuovi giocatori, sono cambiati gli equilibri.

Ci fu l'addio di Fusco, direttore che mi volle con sé a Bologna, anche questo condizionò la scelta dell'esonero. Ormai è andata così, l'importante che la squadra sia stata promossa. Il calcio è così.

Il campionato di Serie B? Bisogna vincere, è così. Il Cagliari, come il “mio” Bologna, soprattutto in casa, dovrà portare a casa i tre punti. La B è molto difficile perché le squadre avversarie si chiudono spesso. Noi facemmo molti 0-0 nel girone di ritorno, che è la parte più insidiosa del campionato.

L'anno scorso c'erano giocatori come Conti, Cossu e Pisano che davano l'anima per il Cagliari. Per la Serie B, la squadra di Rastelli è ottima squadra. L'allenatore è bravo, preparatissimo. A trattati si è visto un bel gioco, ma bisogna trovare la continuità.

Ci sono tutte le carte in regolare per vincere, anche se non basta giocare solo bene. Bisogna metterci il cuore, io l'ho vissuta sempre così. Rastelli sta cercando di fare gruppo e ci sta riuscendo. Unendo questo  fattore alla qualità sarà tutto più facile.

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