Gigi Riva compie 70 anni. Da giorni si rincorrono auguri anticipati, ricordi, spettacoli in teatro. È festa in Sardegna ed è festa in tutta Italia. Si celebra il mito, la leggenda, prima di tutto il grande uomo che è stato ed è “giggiriva”.
Parla di lui anche Pierluigi Cera, altra bandiera del Cagliari, uno degli eroi dello scudetto, il capitano di quella fantastica squadra guidata dal filosofo Manlio Scopigno.
“Raggiungere Cagliari era un’impresa mezzo secolo fa” – racconta a TuttoSport l’ex rossoblù. Che poi aggiunge:
“Cagliari appena promosso, stavo a Verona. Mi dicevano: vai all’Olimpiade, torni a novembre, starai là pochi mesi. Invece non andiamo a Tokyo perché professionisti: subito a Cagliari”.
Martiradonna c’era già, Greatti con Riva nel 1963. Quindi gli altri, con Manlio Scopigno in panchina:
“La società aveva una grossa mano da Angelo Moratti, per questioni politiche ed economiche legate alla Saras. Altri soldi li metteva il Credito industriale sardo. La società aveva buone disponibilità, poteva permettersi investimenti impossibili ad altri: Albertosi e Brugnera nel 1968, Domenghini e Gori nel 1969, ma non è che si aspirasse a grandi traguardi”.
C’era però un certo Riva...
“All’inizio stava all’ala, poi si è accentrato ed è esploso. Non si trattava di allenatori, di Silvestri o Scopigno: Gigi è Gigi, e basta”.
Riva segna gol strepitosi:
“Per me resta unica la rovesciata di Vicenza (18 gennaio 1970, ndr), dove vinciamo 2-1 con una sua doppietta. Un’acrobazia strampalata e irripetibile: prende palla in cielo e la piazza all’incrocio. Poi il gol di testa alla Germania Est a Napoli, giorno del mio debutto in azzurro (22 novembre 1969, ndr): un tuffo favoloso”.
Nell’anno del titolo, fondamentale la doppietta in casa Juventus, il 15 marzo 1970. E’ il 2-2 con cui il Cagliari spicca il volo:
“Un solo protagonista: l’arbitro Lo Bello. Prima concede un rigore indescrivibile a loro: tira Haller, Albertosi para, fa ribattere ma Ricky non si era mosso. Dopo dà un rigore a noi, neppure questo c’era, e Gigi fa 2-2. Dico di tutto a Lo Bello, prendo tre giornate di squalifica. Un problema, solo avevamo 16 giocatori in rosa”.
Cera conclude con una frase che fotografa molto bene lo spessore umano di Riva:
“Un giocatore formidabile, leader in campo e fuori. Disse no ai bianconeri perché riteneva la sua valutazione mostruosa”. Disse: "Non mi piace il mercato, non sono una bestia da vendere. Questa terra è la mia terra. I pastori sardi mi adorano e io adoro loro".