La verità secondo Borriello. Ai microfoni de La Gazzetta dello Sport, l’ex bomber rossoblù ripercorre la sua avventura al Cagliari:
“Perché andò via dopo un’ottima stagione? A Cagliari sono stato benissimo, ho grande rispetto per il popolo sardo. Arrivai con Capozucca, che con Braida è il mio capo calcistico. Il contratto prevedeva 50.000 euro netti a ogni goal.
Pensai: “il presidente è folle oppure non crede in me”. Segnai tantissimo, ad aprile ero a quota 16. Mancavano 5 giornate e la gente sperava che battessi il mio record di 19 gol. Il turno seguente giocammo contro il Pescara e ci fu un rigore per noi.
I tifosi invocarono il mio nome ma Rastelli a sorpresa indicò Joao Pedro: quanti fischi dagli spalti. Lei ci rimase male? Si, per me fu come una coltellata: Rastelli veniva beccato dai tifosi e anche alcuni giocatori si erano comportati male con lui. Io invece lo abbracciai dopo un gol e cercai di trasmettergli fiducia e affetto perché capivo le sue difficoltà.
Ma pochi giorni dopo compresi tutto. Arrivò da me Capozucca in lacrime, Giulini gli aveva detto che non l’avrebbe confermato e poi il d.s. mi fece vedere un messaggio del presidente:”Borriello deve uscite alla fine del primo tempo”. E li capii la scelta del rigore: Giulini non voleva che segnassi più.
La situazione si complicò. A Sassuolo Joao Pedro mi disse “stai zitto e corri” durante la partita: lui a me pazzesco. E nello spogliatoio ci fu una rissa tra noi due. Io ero svuotato. All’inizio della stagione seguente il presidente voleva cambiare il mio contratto alzando la parte fissa e togliendomi il premio legato ai gol.
Io non accettai e lui se la prese. Il clima non era bello, non parlavo con i brasiliani e dieci giorni prima dell’inizio del campionato chiesi la cessione. Arrivarono le offerte di Bologna, Genoa, Brescia, Spal, Benevento e Olympiacos. Stavo chiudendo con il Bologna, poi la trattativa saltò e alla fine scelsi la Spal”.