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Pisacane: "Povero sì, delinquente no: sula Nazionale..."

"Sono un ragazzo semplice che non ha paura di nulla: era normale giocare a pallone per strada ed interrompere perché perché c'era un morto ammazzato. Poi, tolto il cadavere, ricominciavamo"

La Redazione
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"La maglia azzurra dell’Italia? Perché non sognare…”. Si apre così l’intervista che Fabio Pisacane ha concesso ai microfoni di Radio 2.

“Sono un ragazzo semplice, purtroppo la mia storia in un certo senso mi ha rubato la scena, sono diventato un uomo copertina, ma fondamentalmente sono rimasto quello che ero. Ho sempre pensato che non sono coppe o medaglie a fare un uomo.

Quando denunciai la combine del calcioscommesse il fatto venne alla ribalta come un fatto straordinario, ma il messaggio era di assoluta normalità. Nascere poveri non significa essere delinquenti, mi piace pensare che ci sono tante persone avrebbero fatto la stessa cosa, mi auguro che quel gesto sia visto come un esempio, non c’è bisogno di scorciatoie per arrivare agli obiettivi che uno si prefissa.

Ora non mi spaventa nulla, tra il 1990 e il 1996 ho vissuto la più grande faida di camorra nel mio quartiere, a Largo Baracche era routine giocare tra i vicoli e magari interrompere perché c’era un morto ammazzato per strada, salvo poi ricominciare appena lo toglievano. Ma non per questo chi è cresciuto in quella realtà è automaticamente un disonesto, come me tanti altri ragazzi per fortuna sono diventati bravi uomini”.

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