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Cagliari, serve chiarezza: si cominci da modulo e interpreti

Il camaleontismo tattico potrebbe non giovare alla squadra

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Basta fare un gioco: pensiamo alle grandi squadre che hanno scritto la storia recente del calcio e chiediamoci con che modulo giocassero. Ci accorgeremo che il Barça di Guardiola scendeva in campo col 4-3-3, il Manchester di Ferguson col 4-4-2 come la Juve di Capello e che il Milan di Ancelotti fosse un albero di Natale. Per ognuna di queste corazzate, insomma, risulta semplice ricordare lo schieramento, che restava sempre lo stesso anche al variare degli interpreti.

Alcuni fautori di un calcio "moderno" chiamano questa ideologia "integralismo", la fanno passare come un difetto e ostentano il camaleontismo dei loro mister preferiti, che cambiano modulo ogni domenica quasi come se lo facessero dipende dal meteo del giorno.

Non è ancora chiaro se Rastelli appartenga o meno alla seconda categoria, ma di sicuro non è un integralista. E questo può essere un pregio per la capacità di adattarsi alle situazioni più disparate, ma può essere anche motivo di ostacolo nel creare un'identità alla squadra.

Quei grandi club citati in precedenza vincevano sempre perché giocavano a memoria, erano sempre disposti allo stesso modo e conoscievano i movimenti alla perfezione, svolgendoli quasi meccanicamente.

Al Cagliari questo sta mancando: i rossoblù hanno, negli anni precedenti, costruito le loro fortune sul 4-3-1-2, e proprio su questo sembrava puntare Rastelli.

Ma da qualche settimana i sardi scendono in campi con un modulo diverso di sabato in sabato, probabilmente creando confusione e sicuramente non giovando all'assorbimento di certe idee.

Serve chiarezza e soprattutto stabilità, per non commettere gli errori dell'anno scorso, anche dal punto di vista degli interpreti: sarà da nostalgici invocare una formazione tipica imparabile a memoria composta da 11 tirolari quasi fissi, ma è anche vero che non esiste squadra che possa scendere in campo con venticinque giocatori. Serve continuità.

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