Puntuale come un orologio svizzero, il goal preso arriva anche contro il peggior attacco del campionato; tutta la squadra a ridosso della metà campo avversaria, una bella triangolazione in velocità e lo svantaggio si materializza. Un film già visto nel corso della rassegna horror che è e continua ad essere la stagione del Cagliari.
Forse un timido accenno di reazione per provare a recuperare partita e contemporaneamente continuare a far parte della lotta salvezza, ma nel giro di pochi minuti nessuno con la maglia rossoblù pareva crederci davvero. Sembrava d’essere tornati indietro di qualche settimana dove in panchina sedeva un altro allenatore, responsabile alla pari di tanti altri fattori dell’imminente e onestamente meritata retrocessione.
Festa ha messo del suo in queste due partite, tanto in positivo a Firenze, tanto in negativo a Verona: incomprensibile rinunciare dal primo minuto ad un Farias cosi brillante, inutile schierare questo Sau in continua ed inesorabile involuzione. Probabilmente un protagonismo eccessivo dettato presumibilmente dall’esaltazione del momento, mentre vano e triste è risultato l’inserimento di due colossi del Cagliari del passato.
Festa come sottolineato al termine della gara di Firenze aveva dato una maggiore tranquillità e spensieratezza, il nervosismo visto a Verona dimostra evidentemente il contrario. Inspiegabili sono i gesti sanzionati con il rosso e non, non tanto di un Murru ancora acerbo, ma di chi dovrebbe dare l’esempio e dimostrare sino alla fine di ogni partita cosa voglia dire indossare la maglia rossoblù.
Una partita da vincere senza se e senza ma, con ogni mezzo e senza il fardello del gioco zemaniano, si è rivelata l’ennesima prestazione avvilente e l’ultima chiamata gettata al vento. È arrivato il momento di lasciarsi il passato alle spalle e provare a ripartire e ricostruire, ma nel presente c’è ancora tanto che parla del passato.