Cagliari – Udinese è anche la sfida tra due delle squadre italiane che vantano dei settori giovanili di grande livello. Unica differenza: ormai i sardi hanno superato i friulani per quanto riguarda la valorizzazione dei talenti “locali”. Se, infatti, l’Udinese è sempre stata considerata una delle compagini più preparate nello scovare ed allevare giovani talenti, ormai quasi sempre stranieri, il Cagliari è riuscito a costruire un settore giovanile attento alla realtà isolana e che produce quasi esclusivamente giovani calciatori che sono nati e cresciuti in Sardegna (l’ultimo esempio è Nicolò Barella, che ha attirato l’attenzione dei grandi club).
Particolarmente notevole, poi, è l’iniziativa della “Football Academy” che prevede l’affiliazione di squadre sparse per tutto il territorio sardo alla società rossoblù, in maniera tale da tenere sotto osservazione i talenti più promettenti che non vivono nei pressi del capoluogo: d’altronde, la valorizzazione dei giovani talenti rossoblù, è stato uno dei punti chiave del programma del presidente Giulini, che ne ha parlato fin dal giorno del suo insediamento. Anche il fatto che il responsabile del settore giovanile rossoblù, Gianfranco Matteoli, sia un membro del CdA del Cagliari, è significativo.
Un esempio particolare per quanto riguarda il discorso dei settori giovanili è rappresentato dal caso del rossoblù (ma friulano di nascita) Lorenzo Crisetig: il ragazzo, nato a Cividale del Friuli si è formato nel Donatello (una squadra di Udine) ma non è mai entrato nell’orbita della società bianconera permettendo a un altro grande settore giovanile italiano, quello dell’Inter, di farlo crescere nel suo vivaio per poi girarlo alla società rossoblù (buon per noi).
Gli stessi friulani, però, si stanno rendendo conto di quanto la valorizzazione di ragazzi non friulani possa essere controproducente: finché sono sconosciuti e vedono nella società che li ha accolti e “allevati” un trampolino di lancio verso palcoscenici più grandi danno tutto ma poi, quando arriva il momento di fare il grande salto, vanno via senza rimpianti anzi, sembra non vedano proprio l’ora di andarsene (è di questi giorni il caso Muriel che aspetta di lasciare il Friuli dall’estate scorsa). Uno dei quotidiani online che si occupa dei fatti bianconeri, ”Mondo Udinese”, paragonando la situazione “giovanile” del club friulano con quella isolana ha scritto:
“Si dice che sardi e friulani sono simili: ma evidentemente non è così, perché l’isola del sole e del vento ha prodotto negli ultimi anni tanti giocatori autoctoni. Nei paesi, soprattutto, se ti addentri tra piante di mirto e fichi d’india, in spiazzi assolati respiri ancora quella voglia di giocare. (…) La sparizione dei friulani dai campi della nostra serie A non è avvenuta in una data precisa. È accaduta e basta, nell’indifferenza dei più”.
E, riguardo al caso Muriel, continua:
“Già perché da oggi si scriveranno pagine e pagine sul colombiano: ma forse qualcuno si dimenticherà nel sottolineare che l’amore per una maglia, per un simbolo è qualcosa di innato, che hai dentro come l’etica, l’amore, l’idealismo. Non te lo insegnano, non si può: o ti adatti e rispetti quello che indossi, oppure non capirai mai cosa significa il bianco e nero per i friulani”.
Ed è di questo che il Cagliari si può vantare di fronte all’Italia intera: aver costruito un gruppo, tra prima squadra e primavera, di giocatori sardi legati alla maglia, che quando lasciano la Sardegna, se la lasciano, lo fanno a malincuore. Perché il rosso e il blu non li hanno solo sulle maglie. Li hanno nel cuore.