A 4 gare dalla fine del campionato è già tempo di bilanci in casa Cagliari. Con una salvezza ormai in tasca e i sogni europei in soffitta, si può tracciare un bilancio (seppur sommario) della gestione post Maran firmata Walter Zenga.
Se alla vigilia della sua prima in rossoblu a Verona, il mister milanese parlò di “13 finali da qui alla fine”, dopo la nona gara sulla panchina del Cagliari il suo obbiettivo è diventato “superare quota 47”, cioè il record stagionale di punti dell'era Giulini.
Con lui in panchina sono stati 9 gli incontri disputati tra cui (2 vittorie, 4 pareggi e 3 sconfitte) per un totale di 10 punti che a partita fanno una media di 1,1 punti a prestazione. Esaminare i pro ed i contro della sua gestione (ad oggi), lo si può fare osservando tre aspetti principali.
Le attenuanti
Subentro in corsa sulla panchina, pochi allenamenti e basse possibilità di lavorare con la squadra a livello tattico. Queste in sintesi, le attenuanti del tecnico milanese. Il poco tempo a disposizione avuto dopo il lockdown per costruire un idea di gioco, è certamente un limite di cui Zenga può dirsi danneggiato.
Poi ci sono gli infortuni a rotazione, gli acciaccati a mezzo servizio e la panchina corta. Aggiungendo il fatto che si gioca ogni tre giorni in oltre, il cocktail micidiale di stanchezza e scarsa lucidità lo si è pagato in più di un'occasione.
Nell'economia di gruppo ad esempio, se per un giovane esordiente c'è un Nandez o un Nainggolan (giusto per fare nomi) stanchi dal turno precedente, il peso si sbilancia più per il mancato apporto di questi big, che per le inerzie positive date dal debutto dei giovanissimi.
I pregi
Tra le note positive del Cagliari di Zenga vi è il ritorno al gol di Giovanni Simeone con più costanza, un Joao Pedro sempre più leader (quando vuole) ed il coraggio di un mister che, facendo di necessità virtù, ha l'intuito di far esordire in serie A due giovanissimi come Carboni e Ladinetti.
In oltre, sempre nella categoria pregi, da segnalare il senso di leader carismatico sia in campo che fuori. Se nella sua area tecnica si sbraccia, urla, consiglia e chiama marcature preventive, in conferenza difende i ragazzi, perdona certe sbavature (vedi espulsioni ingenue) e cerca sempre “di stare sul pezzo” motivandosi a far sempre meglio, lui prima degli altri.
I difetti
Tra le note meno liete del centenario post Covid, imputabili forse alla guida tecnica, alcuni approcci sbagliati da tutta la squadra sin dall'ingresso in campo, Verona, Spal e Sassuolo per citare alcuni esempi, dove il Cagliari è parso troppo “molle” e con poche idee, salvo poi (ad eccezione di Verona) riuscire a raddrizzare le partite, per lampi dei singoli.
Che sia un limite questo, da imputare al caldo, allo stress o alla stanchezza può anche starci, ma dai giocatori di Zenga, caratterialmente, ci si aspetta qual cosa in più. La stessa grinta di un mister che trascina a parole in conferenza, si vorrebbe vederla per tutti i 90 minuti, recupero compreso.
Così come più occasioni, tiri in porta, sportellate e cattiveria agonistica di titolari e di chi entra in corsa.
Cose che, se le butti nella mischia quanto basta, certe volte cambiano il volto ai risultati e all'impronta tecnica verso una squadra che, per ora, non lo fa quanto potrebbe.