Il calcio si sa, è una scienza inesatta.
Per quanto da sempre gli addetti ai lavori cerchino di costruire la squadra più competitiva possibile da schierare in campo, sono sempre i dettagli, gli imprevisti e l'imponderabile a fare la differenza, in barba al calciomercato, i budget investiti, le aspettative dei tifosi ai nastri di partenza delle stagioni. Vedi ad esempio il brutto infortunio dell'attaccante Leonardo Pavoletti in casa Cagliari. Che costringerà il calciatore ad uno stop forzato (circa 7 mesi) causa la lesione del legamento crociato anteriore con interessamento del menisco esterno. Roba per stomaci forti.
Cosa rappresenti la sua assenza in campo è parso chiaro fin da subito a tutti. Dopo la notizia di una riabilitazione post operatoria così impattante in termini di tempo: occorre al più presto possibile una strategia alternativa da parte di mister Maran, che tenga conto delle differenti caratteristiche tecniche dei compagni di reparto che ne ricopriranno il ruolo fino al suo rientro.
Naturalmente anche le soluzioni in fase offensiva subiranno probabilmente delle modifiche rispetto al tema tattico proposto fin ora con Pavoletti in campo. Se per l'attaccante livornese erano graditissimi i cross al centro nei pressi dello spazio aereo dell'area avversaria alla ricerca dell'inzuccata di testa da trasformare in rete (marchio di fabbrica) di Pavoloso, i suoi probabili sostituti Joao Pedro e Simeone propongono per indole un canovaccio tecnico sicuramente diverso.
Per il brasiliano infatti svolgere il ruolo di terminale offensivo, è anzitutto un cambio di posizione in campo rispetto alle sue abitudini consolidate. Dal punto di vista tecnico poi, non giocando di sponda come Pavoletti, ma prediligendo la giocata di giustezza, di fino nello stretto, alternata a fraseggi palla a terra con i compagni e imbucate negli spazi per fornire ghiotti assist o eventualmente conclusioni a rete, è strettamente necessaria la costante sinergia sia con il regista di centrocampo, sia con gli esterni laterali in appoggio alla manovra d'attacco in fase di possesso palla.
Per quanto riguarda l'impiego di Simeone, si tratta anche per lui un esame non facile: svolgere sì il mestiere da lui prediletto (attaccante puro) ma con colleghi e modulo differenti e non troppo tempo per integrarsi in squadra. Il Cholito predilige le giocate ad attaccare la profondità e occupare gli spazi, suffragate dal fraseggio dinamico col reparto di centrocampo che dovrà servirlo nel modo più congeniale per esaltarne le doti, sia di finalizzatore che anche (come per Joao Pedro) di rifinitore da ultimo passaggio per i compagni sotto porta.
Ovviamente, fin quando il calcio resterà fatto di persone in carne ed ossa, di ragazzi (spesso giovanissimi) lontani dal proprio paese d'origine, di varianti incalcolabili come infortuni, squalifiche, malanni, acciacchi, culture e lingue differenti all'interno del gruppo, e tanti altri fattori anche (forse soprattutto) extra campo, la comprensione empatica di qualche sbavatura o errore di troppo di questo o quel calciatore, non dovrebbe mai mancare da parte dell'ambiente soprattutto ad inizio stagione.
Sarebbe improduttivo e sportivamente immaturo pensare che un collettivo, di undici anime diverse, battano allo stesso ritmo dopo pochi allenamenti come fossero una squadra rodata che gioca a memoria da anni. Non è questo il caso dell'attuale Cagliari di Giulini versione centenario. Pretendere il massimo da tutti, questo sempre e comunque, ma anche leggere la situazione considerando i rendimenti di ognuno (Maran compreso) alla luce di un inizio non felicissimo a livello di punti e classifica.
Resta quindi grande curiosità per la prossima gara in trasferta contro il Parma alla luce delle due settimane di tempo a disposizione del mister trentino per ridisegnare una nuova alchimia.