Diceva Rinus Michels, padre del calcio totale olandese degli anni '70 :" Gli schemi si sviluppano sul campo". Massima che ha trovato piena conferma nel lunch match tra Torino e Cagliari, con granata e rossoblù a darsi battaglia nell'arena dell'Olimpico, in una gara nella quale di schematico c'era solo la lavagna tattica iniziale.
In un calcio come quello Made in Italy, dove una partita bloccata e noiosa diventa "una partita giocata a scacchi tra i due tecnici" per aggiungerle un po' di fascino, talmente si è innamorati del tatticismo, è stato bello vedere per una volta meno calcoli freddi e più libertà nei ruoli. Si è assistito ad un incontro in cui non si ha avuto paura di affrontare a viso aperto l'avversario, concedendo in alcuni casi qualcosa di troppo, ma tenendo sempre i ritmi alti. Tutte e due le sfidanti hanno sbagliato tanto, è vero, ma con l'agonismo messo in campo era quasi inevitabile, anche a causa del pressing di entrambe le compagini.
Il merito del Cagliari è di aver saputo osare in un match che voleva dire tanto in chiave salvezza, e ha avuto ragione contro una formazione dal tasso tecnico più alto, ma che sorpresa dal coraggio dei sardi non è riuscita a portarsi via i tre punti.
Barella si è mosso dappertutto come sa fare solo lui, ma anche Padoin si è proposto in fase offensiva, come l'intera mediana cagliaritana, che è salita di più rispetto al solito, sfruttando in lungo e in largo l'ampiezza del terreno di gioco, con Ionita e Faragò ad attaccare lo spazio lasciato nelle corsie esterne. Le squadre di Maran si sono sempre contraddistinte per una rigida osservazione delle regole, ma in questa occasione i reparti sono saltati, specialmente nella ripresa, per una gara giocatasi sul filo di un equilibrio precario.
Gli isolani adesso possono sorridere in vista della prossima sfida con il Frosinone, contro cui dovranno conquistare gli ultimi, agognati punti per staccarsi definitivamente dalla zona calda e continuare a sognare in grande. Magari anche lì, via i tatticismi e dritti alla sostanza.