“Meglio la marcatura a zona o quella a uomo?” Quante volte, da appassionati di calcio quale siamo tutti, abbiamo affrontato questo discorso con amici o conoscenti. E quante volte non ne siamo venuti a capo perché ognuno, nel pallone come anche nella vita, vede le cose a modo proprio.
È così effettivamente, ogni principio, per quanto diverso, può rivelarsi efficace allo stesso modo se applicato correttamente. Personalmente però penso che quando si parla di marcatura, e quindi dell’elemento cardine della fase difensiva, vada fatto un ragionamento più concreto, soprattutto per quanto riguarda i calci piazzati.
E' vero che la difesa a zona permette a una squadra di sfruttare meglio il posizionamento dei giocatori e di coprire una più ampia zona di campo. Tuttavia, per i medesimi motivi, ha bisogno di grande applicazione e grande attenzione da parte degli stessi interpreti per funzionare alla perfezione. Tutta la retroguardia - e non solo - deve muoversi come un’unica entità, in caso contrario si rischia di andare incontro a brutte figure e gol altrimenti evitabili utilizzando la variante di marcatura più semplice, antica come il calcio stesso: quella a uomo.
“Ognuno il suo e tanti saluti” direbbe il caro vecchio Carlo Mazzone. Forse applicando questa tattica, il primo gol firmato da Bonucci martedì sera non sarebbe arrivato e oggi staremmo parlando di un altro risultato. O magari no, ma in fondo nessuno potrà mai scoprirlo.