Spirito battagliero, sacrificio, qualità e bel gioco. È il marchio di fabbrica di questa stagione del nuovo Cagliari targato Rolando Maran. In poco tempo il tecnico trentino è riuscito a dare al proprio roster un equilibrio perfetto nella fase di costruzione e di palleggio, ma anche il giusto mix di coraggio e attenzione durante la partita.
Con Maran in panchina, però, il Cagliari ha anche trovato una certa poliedricità dal punto di vista tattico, che ha reso imprevedibili le mosse rossoblu negli ultimi tempi. In tal senso, la partita dell’Artemio Franchi di domenica pomeriggio contro la Fiorentina ne è una diretta dimostrazione.
Inizialmente la scelta di Maran è ricaduta sul classico 4-3-1-2, modulo che la formazione isolana utilizza da tempo, con la disposizione consueta dei 4 difensori in linea (composta nell’occasione da Faragò e Padoin esterni, con Romagna e Pisacane a formare la cerniera centrale), un centrocampo con 3 giocatori tecnici e di qualità (Bradaric play-maker, con Ionita e Barella in partenza mezzali), un trequartista a fare da raccordo tra mediana e attacco (Castro) e due punte dalle caratteristiche differenti (una più tecnica come Joao Pedro e una più muscolare come Cerri).
Tuttavia, vedendo l’avanzare del baricentro da parte della Fiorentina, ecco che la soluzione di Maran è stata quella di non snaturare la sua idea di calcio ma di passare ad un sistema tattico ambiguo e imprevedibile come il 4-1-3-2.
Che cos’è cambiato? In primo luogo i terzini non hanno spinto troppo (e infatti il raggio d’azione di Faragò e Padoin era statico per via delle marcature preventive sulle fasce di competenza contro Pjaca e Chiesa), ma soprattutto è avanzata la posizione delle due mezzali (Ionita e Barella) che si trasformano in esterni che devono effettuare entrambe le fasi di gioco (difensiva e offensiva) e nel contempo, sulla stessa linea di Castro, andare a creare gioco alle spalle delle due punte (Joao Pedro e Cerri).
Non appena però è arrivato il vantaggio della Fiorentina con il rigore trasformato da Chiesa, la seconda mossa tattica di Maran ha comunque fatto la differenza e ha consentito al Cagliari di non perdere equilibrio e di trovare il pareggio.
Anche in questo caso, il mister rossoblu non ha optato per rivoluzioni totali dal punto di vista del modulo ma ha puntato sulla diretta evoluzione del 4-1-3-2 (proposto dopo la scelta iniziale del 4-3-1-2), ovvero il 4-1-4-1.
Con questa soluzione, Maran non solo ha voluto ottenere una squadra costantemente corta (con le ali offensive che hanno aiutato in ripiegamento il centrocampista frangiflutti – Bradaric – a dare copertura alla retroguardia a quattro quando la Viola spingeva in avanti) ma ha anche dato un deciso segnale offensivo alla gara, affidandosi a 4 giocatori di tecnica e fantasia dietro alla punta.
Tutto ciò nasce dall’arretramento di Joao Pedro nella linea di trequarti (insieme al trio Ionita-Castro-Barella), con movimenti tendenti ad allargarsi (di fatti l’azione del gol di Pavoletti nasce proprio da uno spostamento del brasiliano a destra da cui è partito l’assist a Faragò che quindi ha fornito il cross decisivo per il pari). Ma non solo.
La scelta di Maran nel proporre questa evoluzione tattica è stata premiata anche dall’ingresso in campo nel secondo tempo di Pavoletti al posto di Cerri. Il motivo? Nel 4-1-4-1 è indispensabile la presenza di una prima punta in grado di far salire la squadra e difendere il pallone davanti alla linea difensiva avversaria (quella della Fiorentina) e che potesse alzare il baricentro della squadra (talvolta, in alternativa al classico centravanti boa, può anche essere utilizzato la figura nota come falso nueve).
Nel caso specifico, Pavoletti ha dato (non solo per il gol segnato) le garanzie che Maran stava cercando per recuperare la partita da una situazione di svantaggio.
In definitiva, la lettura della gara da parte del tecnico rossoblu ha rasentato la perfezione, senza correre rischi ma riuscendo nell’intento di non snaturare e sbilanciare troppo la propria squadra.