Non vuole essere solamente un “sussidiario” nello spogliatoio, tra seggiole e appendiabiti, lettini per il massaggio e lavagne, scarpe da lucidare e maglie da indossare prima della partita. Vuole esserlo sul terreno di gioco, sulla seconda linea ma in prima fila, con la consapevolezza che le lancette non posso essere riportare a quando arrivò a Cagliari (31 agosto 2009), da ventiduenne con i capelli a spazzola e un fisico da “acciughina”, come Massimiliano Allegri, il quale lo accolse e lo impiegò sia da terzino destro, sia qualche zolla più avanti, da mezzala. Ma il tempo scorre, l’orologio non ha bisogno di fermarsi ai box per proseguire i tic-toc, il fisico, la concorrenza e gli avversari non lasciano via di scampo. Tuttavia, Daniele Dessena, giunto alla nona stagione in rossoblù – ad Aritzo, ha cominciato il settimo ritiro precampionato consecutivo, il quarto con la fascia da capitano – e reduce da un percorso serpeggiante e sbandante – partito con il crack, il 27 novembre 2016, della tibia e del perone –, non vuole appendere le chiavi della «mia casa» e abbandonare la «squadra migliore del mondo».
Sempre al massimo – Una giravolta e un tiro con il destro, contro la Rappresentativa Barbagia, per gridare «ci sono anch’io!»; e delle parole per aumentare la concretezza del messaggio: «Ho sempre dato il massimo e ogni giorno voglio dimostrare». Perché il giocatore, a quota 193 sfide, 12 reti e 6 assist in Sardegna, era stato più volte messo in discussione, in compagnia dell’intero organico, quando questo – prima guidato da Massimo Rastelli, poi da Diego López – si era trovato immerso in un ginepraio, e dal quale l’ha fatto districare con il suo sentimento per i colori e la città, i suoi richiami e la sua fermezza. Che l’avevano portato, in molteplici circostanze di scoramento, a mostrarsi tetragono dinanzi ai malumori e alle esortazioni dei tifosi, senza fare dietrofront. Però, sul campo, la grinta di Dessena era riuscita sporadicamente a sopperire alle penurie psicologiche, atletiche, tecniche e tattiche della formazione, che era stata discettata dagli antagonisti.
Il calo – Quando la carta d’identità aveva soffiato, il 10 maggio, su trentuno candeline, il calciatore aveva steso, costretto da una lesione all’adduttore lungo della coscia sinistra, la casacca con il 4 al sole di Asseminello da un mese; e l’aveva asciugata per rindossarla a Firenze (per 1’), prima di risedersi, contro l’Atalanta, in panchina. Sulla quale, nella serie A precedente, era stato per tredici volte, una “puntina” in meno del doppio rispetto alla titolarità acquisita (7 su 17 gettoni, 556’) e tre in più dell’entrata in corsa. Delle statistiche sintomatiche, che evidenziano come, negli ultimi cinque massimi campionati, si sia verificato il declino delle presenze e del minutaggio di Dessena: dal 2012/13, in cui disputò 31 incontri (2315’), passando per il 2013/14 (33, 2659’) e il 2014/15 (28, 1910’), fino al 2016/17 (18, 1193’) e all’ultimo, con 17 (566’) all’attivo.
L’obiettivo – Sul verde delle mezzali, in cui procede il centrocampista parmense, la sessione estiva di calciomercato ha posto Lucas Castro, che l’ha sostituto, per 45’, nell’esordio stagionale. Un competitore “prodotto” da Rolando Maran, che, di conseguenza, potrebbe avere una posizione privilegiata nella scala di gradimento. Ma Dessena, al quale il Brescia e il Perugia strizzano l’occhio, proverà a non farsi mettere con il ventre a terra dalla “scivolata” del Pata. Anzi: da Pejo, sfacchinerà e boccheggerà per il Cagliari, la «mia casa» e la «squadra migliore del mondo», in cui non vuole essere solamente un “sussidiario” nello spogliatoio.