Non c’è né San Siro da calcare, né Mauro Icardi da marcare. È tutto diverso dall’ultima volta che in serie A, con il «56» sulle spalle e Alessio Cragno da proteggere, Filippo Romagna aveva fissato i tacchetti in una partita dall’inizio. Ieri, il ciuffo biondo e le lentiggini sono apparse in mezzo al pacchetto arretrato del Cagliari, allo Stadio del Vento e dinanzi alla Rappresentativa della Barbagia (composta da giocatori dilettanti), nel primo tempo. Il sollazzo e il ristoro dalle fatiche della stagione precedente sono terminati, e il centrale difensivo, alla versione 2.0 con i rossoblù, freme dalla voglia di presentarti a un incontro «serio», con la consapevolezza che le prestazioni messe in mostra e i risultati raggiunti si azzerano. Perché c’è un nuovo allenatore, Rolando Maran, e uno schieramento, il 4-3-1-2, in cui non si muove da poco più di un anno.
Quel che fu – Un’altra volta, la seconda consecutiva, Romagna dà il via all’annata da Aritzo. L’estate scorsa, il 28 luglio, era sceso dal Nord ed era entrato, in punta di piedi e con la paciosità che avrebbe mostrato successivamente sul terreno di gioco, nel nuovo «mondo», mentre i compagni stavano concludendo l’ultima parte del precampionato. Da lì, era cominciata la sua prima esperienza in serie A, staccando il cordone ombelicale dalla Juventus – la quale, in precedenza, gli aveva fatto svolgere il praticantato in B, al Novara e al Brescia –, che aveva vissuto a due intensità : dalla 7ª alla 21ª giornata, era stata saettante, con la titolarità divenuta, nel 3-5-2, una consuetudine; dalla 22ª alla 38ª, invece, era stata «tartarughesca», in seguito alle 7 presenze (6 da titolare, e nessuna nel 4-3-1-2), alle altrettante panchine e alle 3 sfide in tribuna, per una sofferenza muscolare alla coscia sinistra e un trauma distorsivo alla caviglia mancina.
A quattro – In maggio, quando la terza linea composta da tre giocatori era stantia e Diego López l’aveva corretta con l’aggiunta di uno, Romagna non ne aveva preso parte. Solo nell’Under 21, in 8 incontri, Luigi Di Biagio l’aveva scelto: l’ultima volta, il 25 maggio, contro il Portogallo. È nella Juventus, però, che il ventunenne sbocciato a Fano aveva iniziato in quel ruolo: lo aveva provato, nel 2013, Fabio Grosso, l’allenatore della Primavera, che non se ne era più privato. A Novara, invece, era uno del terzetto diretto da Roberto Boscaglia, mentre a Brescia, con Luigi Cagni, era tornato nei quattro. Proprio il quartetto difensivo è uno dei cardini della Filosofia Maran, di cui una casella, nei 45’ di avvio del test, è stata occupata dal «56»: per mezz’ora, fianco a fianco con Marco Andreolli, e per un quarto d’ora con Fabio Pisacane.
Spiccare il volo – Romagna, per mantenere quella casella, dovrà lavorare alacremente, con cura e assiduità , così da poter convincere la guida tecnica e prevalere sulla concorrenza, nella quale, rispetto al campionato antecedente, mancherà Leandro Castán e c’è nuovamente Marco Capuano – finché, però, non troverà una sistemazione altrove. E se il centrodestra, come fino a tre mesi or sono, dovrebbe avere come padrone Luca Ceppitelli, del centrosinistra nessuno, per il momento, s’è preso le chiavi. Le vuole Romagna, che, come quasi 365 giorni fa, ha cominciato a faticare per impersonare la diga, pronta a respinge la piena avversaria. Cosicché il suo ciuffo biondo e le sue lentiggini riappaiano nel mezzo del pacchetto arretrato del Cagliari.