Il cartello «Abbiamo difficoltà a segnare» dondola davanti al cancello della fabbrica di Asseminello. Impolverato, perché le picconate sporadiche ricevute non hanno portato alla rimozione, sta lì dal sole d’agosto, vive quello d’aprile e ha visto il susseguirsi di direttori sportivi, allenatori e giocatori. In ufficio, sul calendario, è stato cerchiato il trentaquattresimo fine settimana: corrisponde alla quattordicesima partita senza una rete realizzata dal Cagliari. Che, a quattro incontri dall’abbassamento delle serrande, è la quinta formazione meno prolifica del campionato (30 gol, 0.88 di media a gara) e continua a produrre conclusioni sghembe, alte e da – per i tifosi – imprecazioni.
Pochi tiri, nessun gol – La trentesima marcatura – Pavoletti è a 9, seguito da Barella a 6, Joao Pedro a 5, Ceppitelli, Cigarini e Sau a 2, Farias e Padoin a 1 –, messa a segno contro l’Udinese, è rimasta tale anche nelle sfide all’Inter – nella quale i rossoblù, a distanza di quattro anni, hanno emulato il Genoa, che, di fronte alla Roma, non aveva calciato verso la porta avversaria – e al Bologna – due conclusioni nello specchio, una delle quali dall’interno dell’area di rigore. Quindi, domenica, alla Sardegna Arena, è trascorso un altro pomeriggio in «zona-esultanza» in cui la formazione di López, con poca astuzia e precisione, s’è arrabattata e ha brillato per la propria assenza. Gli unici due tiri indirizzati ai guanti di Mirante sono stati quelli di Ionita e Sau: il primo, preceduto dal passaggio, proveniente dalla destra, di Faragò, e da quello a ritroso di Pavoletti, è stato bloccato dal portiere; l’altro, anticipato dal cross dalla sinistra di Lykogiannis, s’è infranto sul palmo dell’estremo difensore.
Il processo di finalizzazione – Delle manovre simili – seppur nate da versanti opposti – costruite, «dentro» il 3-5-2, mnemonicamente: l’esterno di centrocampo tocca la linea della rimessa e compie il passaggio in area, nella quale un attaccante si sistema sul secondo palo e l’altro «taglia» al centro; la mezzala del lato da cui si svolge l’azione si posiziona a ridosso dei sedici metri; lo stesso movimento, nella «zona scoperta», è fatto dal fluidificante opposto a quello che crossa. Questo, però, è un «processo di finalizzazione» che, alternato – raramente – al lancio del centrale difensivo per la testa del centravanti, dà un riverbero negativo. Il passo dal terreno di gioco alle tabelle è breve e lineare: da sette partite (695’), il Cagliari non colpisce su azione (l’ultima volta, l’11 marzo, con Pavoletti alla Lazio); i tiri complessivi sono 253 (meglio solamente della Spal e del Verona), 138 dei quali in porta (18°) e 115 al di fuori dello stesso.
I record negativi – In questa annata, al momento, il Cagliari ne possiede uno: tra le prime linee, con 12 reti conseguite, è all’ultimo posto della graduatoria. L’altro record, invece, potrebbe ottenerlo al tramonto della serie A poiché, con 30 esultanze, ha possibilità di eguagliare o fare peggio dei rossoblù 2013/14, che, con López (1ª-32ª giornata) e Pulga (33ª-38ª), segnarono 34 gol: il numero inferiore degli ultimi dodici tornei. Per quarto riguarda le partite nelle quali non hanno scosso la rete, invece, si «salveranno»: nella serie A 2011/12, con Ficcadenti (1ª-11ª/28ª-38ª) e Ballardini (12ª-27ª), furono 19 (un girone). Il massimo, per il gruppo guidato da Sau, potrà essere 18. Per non avvicinarsi ai record «bui» e rimuovere il cartello «Abbiamo difficoltà a segnare» dal cancello della fabbrica di Asseminello, serviranno voracità e picconate distruttive.