Esistono tre calciatori in tutto il mondo in grado di vincere le partite da soli: Messi, Cristiano Ronaldo e Farias una volta all'anno.
Oggi il futuro del talento più puro, l'unico in grado di far svoltare una gara con una giocata nell'intera rosa, è appeso ad un filo.
Colpa delle tante panchine, colpa di un feeling mai sbocciato del tutto con una tifoseria sin troppo esigente, che ha sempre lamentato la mancanza di lucidità sotto porta del funambolo di Sorocaba. L'impressione è che spesso non ci si accorge che Diego non è un centravanti, è una fortissima seconda punta che fa del dribbling e della ricerca dell'assist decisivo la sua arma letale. Soprattutto ci si dimentica che se il 17 fosse anche uno spietato killer sotto porta giocherebbe nel Real Madrid, e non avrebbe nulla da invidiare ai vari Mertens e compagnia segnante.
Ma ammettiamo anche che si voglia fare il conteggio dei gol fatti: ci si ricordi che Farias è il miglior marcatore dell'era Giulini, e spesso sono state le sue reti (oltre alle sue magie) a togliere le castagne dal fuoco ai sardi.
Il suo, a questo punto molto probabile, addio rischia di lasciare un vuoto difficilmente colmabile: in tutta la rosa manca l'elemento in grado di creare superiorità numerica, il dribblatore che ogni squadra ha in dotazione, l'asso nella manica che spacchi le partite. In questo senso non sarà certo facile trovare un omologo del brasiliano, un giocatore che, nel bene o nel male, ha scritto un pezzo di storia del Cagliari, con le sue tre cifre leggibili alla voce presenze.
Sarebbe difficile dimenticare un giocatore che ha diviso così tanto la piazza, ancor di più sostituirlo. Molto più facile rimpiangerlo.