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Cagliari, ecco cosa darà Diego López

L’allenatore uruguaiano, sostituto di Massimo Rastelli, sul ponte di comando rossoblu

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È cambiato lo stadio, il logo della società e l’organico, anche se qualcuno – Cossu, Dessena, Sau – è rimasto. I capelli sono più corti e più grigi di quel 6 aprile 2014, il giorno dell’ultima partita sulla panchina del Cagliari, trascorso a dare indicazioni, prendere appunti e seguire l’azione come fosse in campo. Diego Luis López ha varcato di nuovo la porta scorrevole degli “arrivi” dell’Aeroporto di Cagliari-Elmas, come nell’estate del 2013, quando il cellulare squillò e dall’altra parte c’era Massimo Cellino, che lo incaricava di conquistare la salvezza. La stessa richiesta fatta, tra domenica e lunedì, da Tommaso Giulini. Che, inoltre, spera che l’uruguaiano «rimanga per più di ventotto mesi».

Rieccoci – Insieme, con determinazione e voglia, quella avuta in passato sul terreno di gioco per 344 volte, con la maglia numero 6 – nessuno l’ha più indossata – e la fascia da capitano, e a bordo campo alla guida dei Giovanissimi, della Primavera e dei “grandi”. Per l’allenatore sarà «una bella responsabilità» da affrontare, però, senza «nessun timore», come ha spiegato nella prima conferenza stampa, anticipata dalla seduta d’allenamento numero uno del secondo mandato in rossoblu. Invece il primo, dopo la parentesi nella stagione 2012/13 come “secondo” di Ivo Pulga, iniziò il 25 agosto 2013 con la vittoria, al Sant’Elia, contro l’Atalanta. E che, dopo 33 partite (32 in serie A, una in Coppa Italia) nelle quali ottenne 7 vittorie, 11 pareggi e rimediò 15 sconfitte, terminò quel pomeriggio d’aprile – sopracitato – col tris incassato contro la Roma.

Nel frattempo – Dopo l’esonero col rossoblu sardo, per López ce n’è stato un altro, quello col Bologna. In serie B, nell’annata 2014/15, tutto si concluse alla 39ª giornata: era il 2 maggio 2015, gli emiliani persero lo scontro diretto contro il Frosinone e pure le speranze di agguantare la promozione diretta. E poi, nel 2015/16, di nuovo la serie A e un’isola: la Sicilia, “colorata” di rosanero. Dal 22° turno al 31°, per il quarantatreenne di Montevideo un successo – l’ultimo, al momento, della sua carriera: 5 febbraio 2017, Palermo-Crotone 1-0 –, un pari e 8 ko, che non gli permisero di giocarsi, fino alla fine, la permanenza nella categoria.

Il campo – López, prima di ogni altra cosa, vuole un Cagliari «grintoso e coraggioso», che acquisisca «la mia esperienza». Per quanto riguarda l’aspetto più tecnico-tattico, l’uruguaiano  ha schierato le sue formazioni – a Cagliari, Bologna e Palermo –, nella maggior parte delle occasioni, col 4-3-1-2. Questo “disegno”, in corso d’opera, è diventato un 4-3-2-1 o un 4-2-3-1 (scelta più attuata in rosanero). La retroguardia a tre, nel 3-5-2, è stata mandata in campo in una gara col Bologna e in due col Palermo.

Non si scherza – Perché le quattro sconfitte consecutive, le prestazioni al di sotto della sufficienza e la classifica non più discreta come un mese fa, hanno (e stanno) incidendo sul piano mentale, fisico e tecnico della rosa, oltre che sull’umore della piazza. E López, che ha già vissuto situazioni simili, sia da giocatore, sia da allenatore, e a piena conoscenza del Cagliari e di Cagliari, come Michele Fini (vice-allenatore) e Alessandro Agostini (collaboratore tecnico), dovrà trovare la quadra per spazzare via l’alone di confusione, incertezza e negatività. Ci vorrà coraggio, grinta e nessun timore.

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