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Su Nuraxi, l’area archeologica simbolo del potere e della cultura preistorica

La fortezza nuragica di Barumini, patrimonio dell’Unesco scoperta dal Sardus Pater

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Barumini è un piccolo borgo di circa milleduecento anime della provincia del Sud Sardegna, nella sub-regione denominata Marmilla; l’area è nota e popolata fin dall’era nuragica, della quale restano ad oggi ben visibili numerose e importantissime tracce.

Il piccolo borgo si presenta in maniera molto piacevole e offre, all’interno del territorio comunale, diversi monumenti di interesse a partire dalla Parrocchiale della Beata Vergine Immacolata, oppure il convento e la Chiesa dedicati a San Francesco ma anche la piccola chiesa di San Nicola, poco fuori dal paese, posta su una piccola collina, come la chiesetta campestre dedicata a Santa Lucia.

Interessante inoltre il Palazzo Zapata, un tempo sede dei Marchesi omonimi che nel Seicento lo fecero edificare nel punto più alto del paese; durante recenti lavori di restauro, si è scoperto che il palazzo venne edificato sopra i resti di un preesistente insediamento nuragico che venne denominato Nuraxi 'e Cresia dal grande archeologo e paleontologo Giovanni Lilliu, nativo proprio di Barumini 

Resta tuttavia innegabile che, seppur con diversi edifici pregevoli e interessanti, il centro della Marmilla resta indiscutibilmente legato al suo monumento simbolo, Su Nuraxi o per essere più precisi, la Fortezza Nuragica di Barumini, il più imponente e meglio conservato dei trenta siti nuragici presenti nel territorio comunale.

Il sito, simbolo del potere e riferimento per l’intero e fertile territorio, nonché patrimonio Unesco dal 1997, è un’area archeologica che comprende un nuraghe, di tipologia complessa, attorniato da un ampio villaggio di capanne, il tutto realizzato in basalto, una pietra vulcanica ricavata dal vicino parco della Giara.

Risulta costituito da un nuraghe a torre centrale, il mastio, con quattro torri raccordate da un bastione, circondato da un dedalo di circa cinquanta capanne, con pozzi, cisterne e forni.

Il mastio originariamente aveva un’altezza di circa diciotto metri, davvero imponente considerata l’epoca di costruzione, il Bronzo Medio ossia dal XVI al XIV a.C.; era composto da ben tre camere sovrapposte tra loro ma comunque comunicanti, il cui diametro diminuisce gradualmente in salita, con copertura a falsa cupola. 

In epoca successiva, durante il bronzo medio, che va dal XIV al XII a.C. al mastio, monotorre, venne implementato di un bastione murario composto da quattro torri minori da due camere sovrapposte ciascuna e che, secondo gli studi, erano alte circa quattordici metri anche queste con copertura a tholos, il tutto raccordato da cortine orientate secondo i punti cardinali.

Tutto intorno era presente un ampio cortile provvisto di pozzo, profondo ben venti metri, attorno al quale, nel corso del tempo, sorse il primo nucleo del villaggio circondato da una cinta muraria a scopo difensivo, ampliata anche in epoche successive soprattutto nel Bronzo finale.

Sempre a questo periodo risalgono inoltre le capanne a pianta circolare con tetto ligneo di forma conica; tra le varie, probabilmente la più interessante e rappresentativa è la “capanna 80” detta comunemente “capanna delle riunioni” a causa del lungo sedile perimetrale e cinque nicchie lungo le pareti dove sono stati ritrovati utensili vari, armi ma anche immagini votive, lasciando quindi supporre che si trattasse del luogo ideale per le assemblee comunitarie.

Tuttavia, all’inizio dell’Età del Ferro (IX e VI a.C.) il villaggio andò quasi totalmente distrutto venendo soppiantato da un nuovo nucleo abitativo costruito però con tecniche all’avanguardia, frutto certamente di scambi culturali con altre civiltà. 

Queste nuove capanne presentano una corte centrale con mura circolari a racchiudere degli ambienti di forma di squadrata, che vanno a convergere attorno ad un cortile lastricato. Anche tra queste, la più significativa è la capanna detta “la rotonda” perché anch’essa di forma circolare ma più piccola rispetto alla capanna 80, con sedile perimetrale e bacile centrale per la raccolta delle acque piovane, usata certamente per le celebrazioni legate al culto delle acque.

Dall’analisi del sub strato, gli studiosi hanno dedotto che l’area de Su Nuraxi presenta una stratificazione di circa duemila anni, e infatti sappiamo che intorno al V secolo la civiltà punica si mescolò con quella nuragica, ma senza stravolgere l’impianto e l’aspetto del villaggio. Ad essi subentrarono i romani che invece utilizzarono alcuni ambienti a scopo funerario e abitativo per tutti gli altri almeno fino al III d.C., sebbene anche durante il Medioevo fu utilizzato sempre a scopo abitativo.

L’intero sito è stato portato alla luce dall’archeologo e accademico baruminese Giovanni Lilliu, il Sardus Pater (riconoscimento assegnatoli a riconoscimento dei meriti culturali, sociali e morali, dando lustro alla Sardegna) dell’archeologia sarda il quale iniziò, a partire dagli anni Cinquanta, una decennale opera di scavo e di studio che lascia, a tutt’oggi, presuppore che la storia di questa fortezza sia ancora più antica e degna di ulteriori approfondimenti.

Il sito è ampiamente visitabile, potendo infatti passeggiare tra gli ampi resti del villaggio millenario e il nucleo centrale del nuraghe e delle torri circostanti, ammirandone gli spazi del cortile centrale e scoprire gli usi e costumi del popolo nuragico.

 

Progetto promosso dalla Regione Sardegna, Assessorato al Turismo

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