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Antiche leggende sarde, dai mitologi eroi greci alle Janas

La nascita delle piccole fatine dispensatrici di aiuto e fortuna

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Uno degli aspetti che rende la Sardegna una terra magicamente affascinante è, oltre alla sua bellezza immutata e selvaggia, certamente la sua cultura antichissima e radicata nelle epoche.

Fin da ere remotissime infatti, questa terra pullula di racconti e miti leggendari che si perdono nel tempo, dai nuragici ai greci, dai fenici ai romani, percorrendo i secoli e mutando ma comunque conservando un filo conduttore capace di ricongiunge la nostra epoca più attuale con la nostra cultura più antica.

Sono diversi ad esempio gli eroi greci giunti come pionieri nell’isola, a partire proprio da Sardo, figlio di Ercole, al quale si deve il nome di questa terra; Aristeo, figlio di Apollo, fondatore di Karales a cui si deve l’introduzione dell’agricoltura e l’apicoltura; Norace, figlio di Hermes, il quale si può ricondurre la fondazione della città di Nora.

Questi eroi della mitologia greca non sono affatto estranei alla cultura tardo nuragica, in quanto trovano una precisa collocazione nella mitologia sarda tanto che Sardo e Norace addirittura potrebbero far parte del nucleo culturale preesistente, radicato con buona probabilità nel pantheon nuragico, cioè nel più antico “schieramento” di divinità ed eroi.

Proprio da una di queste divinità, secondo una leggenda, sarebbero nate le Janas, le piccole fate benevole che abitavano le Domus de Janas, intente al loro telaio magico, dispensatrici di aiuto e fortuna.

Si narra infatti che tanto tempo fa un dio fosse molto annoiato, il quale era convinto che la felicità nascesse dal desiderare senza distinzione di sorta. Questo dio sapeva che l’unico essere capace di sognare e desiderare costantemente era l’uomo, piccolo abitante del pianeta Terra.

Giunto sul pianeta tuttavia, il dio si rende conto che in realtà gli uomini sono troppo impegnati a combattersi tra loro per poter sognare e allora, deluso, cerca un posto sul pianeta dove potersi ritirare, sognare e desiderare in pace. L’unico luogo ancora disabitato era un’isola la cui forma ricordava l’impronta di un piede. Una terra rude e selvaggia, fatta di rocce e cespugli, dove il dio scelse di abitarvi sotto sembianze umane, sfamandosi grazie al lavoro delle numerose api che lo seguivano ovunque. Mentre riposava, un’ape birichina gli ronzava intorno e il dio cercò di scacciarla con un gesto della mano dalla quale partì, involontario, uno sciame di scintille che generarono minuscole fatine, le Janas appunto.

Anche le Janas assumono forme umane, di donne, e iniziano a scavare le rocce per dimorarvi, nell’attesa che delle donne davvero umane possano sbarcare sull’isola.

E quando finalmente uomini e donne iniziano a popolare la Sardegna, le Janas scelgono di celarsi agli sguardi divenendo bellissime, piccole creature eteree, vestite spesso di rosso, con il capo coperto da un fazzoletto ricamato con preziosi fili d’oro. Creature misteriose che è impossibile vedere durante il giorno in quanto uscivano dalle loro case solo la notte.

Si dice infatti che la notte andassero alla ricerca delle persone insonni e che, chiamandole tre volte per nome, le scegliessero in amicizia, portandole nel loro mondo e mostrando loro tesori e ricchezze. Ma attenzione, è una prova: chi sarà onesto e non ruberà nemmeno un filo d’erba sarà ampiamente ricompensato con fortuna e prosperità, chi invece proverà ad approfittarne sarà punito dalla maledizione di trasformare ogni cosa in cenere. 

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