Osini, Ogliastra. Una leggenda narra che San Giorgio Vescovo, durante un viaggio per le diocesi nell’entroterra ogliastrino, giunse ai piedi dell’altipiano chiamato Taccu di Osini, un massiccio decisamente impegnativo da scalare ma anche da aggirare. Occorreva qualcosa di più rapido e fruibile, e così San Giorgio, recitata una speciale preghiera, si aprì un varco ancora oggi noto proprio come la Scala (o la Gola) di San Giorgio.
Ed è proprio da qui che parte una strada che, facendosi largo tra gole, falesie e dirupi, conduce fino alla sommità del Taccu di Osini, a quasi mille metri di altezza a controllare il territorio dell’Ogliastra.
Sulla cima, a dominare sul vicino paese di Osini, c’è lo spettacolare nuraghe Serbissi, un nuraghe talmente maestoso da essere definito dallo stesso Giovanni Lilliu “per antonomasia, il nuraghe più bello e importante del Taccu di Osini”.
È costruito su un rilievo naturale conformato a piazzette, abitato fin dall’età del Bronzo, in un raro esempio di complesso nuragico ad alta quota, poiché oltre al nuraghe, è possibile ammirare il villaggio circostante e, a poca distanza una grotta e due tombe dei Giganti.
La struttura, ad oggi in ottimo stato di conservazione, è composta da un nuraghe a quattro torri, dal mastio centrale slanciato alto circa 6 metri, affiancato da altre tre torri collegate da una cinta muraria.
Ammirandolo da vicino invece colpisce subito la particolare disposizione delle pietre utilizzate, quasi a creare un tessuto murario.
La torre centrale custodisce una camera a tholos ancora integra con copertura a falsa volta, ossia la cupola è composta da cerchi di pietre via via più ristretti fino a chiudersi completamente, senza la chiave di volta mentre sulla sinistra vi è una scala ad andamento elicoidale, di circa 30 gradini che consente l’accesso al piano superiore.
Anche le altre torri custodiscono ambienti intatti come ad esempio la torre verso Nord-Est conserva al piano superiore addirittura un focolare oppure la torre che guarda ad ovest invece una camera con le feritoie, ma tutte le torri si affacciano su un cortile – corridoio che funge da unione comune.
Considerando ciò si potrebbe ipotizzare fosse un avamposto di avvistamento, in collegamento con altri due nuraghi monotorre visibili dal mastio.
Attorno al nuraghe si sviluppa il villaggio, del quale oggi sono visibili otto capanne di forma circolare e addirittura pavimentate, segno di una grande floridità del villaggio.
Ad ulteriore riprova, sempre a poca distanza dal villaggio, una grotta carsica che si sviluppa per circa 200 metri, e usata probabilmente come magazzino per stoccare cibo e varie utilità, descrivendo quindi una civiltà decisamente evoluta ed una notevole organizzazione.
L’area di Osini risulta essere popolata fin dall’epoca del Neolitico, così come in epoca nuragica come ci testimoniano le numerose tombe dei Giganti e le Domus De Janas presenti nel territorio.
Fu un centro abitato anche in epoca romana, mentre in epoca medioevale faceva capo al Giudicato di Torres e successivamente al giudicato di Arborea. Ma è nel 1363 che il Re d’Aragona, Pietro IV, accorpa Osini alla contea di Quirra cedendola in feudo a Berengario Carroz ma è solo dopo alterne vicende che, nel 1839 con la soppressione del sistema feudale, viene finalmente riscattato.
Attualmente il paese sorge a circa 1 km dal vecchio centro abitato, abbandonato alla fine del 1951 in seguito ad una alluvione devastante che ne ha determinato sì l’abbandono ma che lo ha anche cristallizzato in un tempo immortale. Nonostante tutto, resta ancora visitabile la storica chiesa di Santa Susanna, patrona di Osini in onore della quale, per due giorni ad agosto, il vecchio centro di Osini torna a vivere e risplendere di bellezza e fascino misterioso.
Non da meno, il nuovo Osini è impreziosito dalle opere di Maria Lai, Pinuccio Sciola e Costantino Nivola in un contesto naturalistico meraviglioso e impareggiabile.