Sant’Elia, storia di uno stadio “giovane-vecchio”

Dalla progettazione del’64 all’inaugurazione del 1970. I mondiali e le tribune in ac-ciaio. Quasi mezzo secolo di storia per l’impianto cagliaritano

Giambattista Marongiu
12/04/2016
Approfondimenti
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Nel 1964 l’architetto Antonio Sulprizo progettò lo stadio Sant’Elia. Il progetto originario presentava un’arena con un solo anello ma, con la vittoria dello scudetto e sotto la supervisione dell’ing. Lom-bardi, fu aggiunto all’impianto l’anello superiore che tutti noi conosciamo.

Un colosso in cemento armato, pronto a ospitare i tifosi sardi nel pieno della gioia per la vittoria del tricolore. Lo stadio, infatti, venne innaugurato nel settembre del 1970, tra i più “giovani” di tutta Italia, poteva ospitare più di 60.000 spettatori seduti e circa 10.000 in piedi.

Era tutto troppo bello; il costo relativamente basso da parte del Comune di Cagliari (circa 2 miliardi di vecchie lire, di cui un quarto venne coperto dal CONI attraverso un credito sportivo); squadra campione d’Italia e un’immagine della città che si presentava come fiore all’occhiello della Sardegna in tutta Europa.

In realtà, l’area, presentò, sin da subito, delle problematiche notevoli a causa della mancanza d’infrastrutture e della viabilità, necessarie ad accogliere un flusso così ampio di persone. Ma le avversità sono solo all’inizio; dopo circa due mesi dalla sua inaugurazione, il Sant’Elia rischia già l’inagibilità a causa di un incendio procurato da un operaio addetto alla manutenzione, che buttò un mozzicone di sigaretta sopra una pozza di carburante.

L’operaio in questione, evidentemente, non era a conoscenza che sotto l’area dello stadio passavano le tubature dirette al deposito carburanti dell’Esercito presso Monte Urpinu. Dopo circa vent’anni, nel 1987, la struttura subì una nuova ristrutturazione per poter ospitare alcune partite del Mondiale organizzato in Italia nel 1990. Quest’ammodernamento portò una riduzione dei posti a sedere (furono diminuiti a circa 40.000), ritinteggiatura dello stadio, aumento dei parcheggi e costruzione della copertura di legno sopra la tribuna stampa (fu invece bocciata la proposta di Luca Cordero di Montezemolo, allora presidente del comitato organizzatore, che chiedeva la copertura totale dei posti a sedere), venne costruito l’asse mediano di scorrimento per collegare con facilità la ss 131 con l’area di Sant’Elia, il tutto per rispettare le norme di sicurezza imposte dalla federazione.

Arriviamo ai giorni nostri; dal 2002 a oggi, la casa del Cagliari subì altri interventi dovuti all’inagibilità causata dal pericolo di crollo in alcuni settori, nello specifico distinti e curve. La società dovette intervenire tempestivamente con un nuovo investimento di 3 milioni di euro per la costruzione di tribune Dalmine proprio sopra la pista di atletica, con relativa diminuzione degli spettatori a circa 20.000.

Nel 2012 nuovo divieto d’utilizzo dell’impianto e successivo trasferimento prima a Trieste, poi Is Arenas (Quartu Sant’Elena), e ora nuovamente al Sant’Elia. Ormai il declino è compiuto. Parte del vecchio stadio, quello in cemento armato, è stato demolito nei settori curve e distinti.

Una società di blasone come quella rossoblu deve poter possedere una casa degna di tale storia. In ordine cronologico l’ultimo step è del 6 aprile 2016: il comune approva il progetto preliminare per la costruzione del nuovo stadio del Cagliari. Ora il tutto è nelle mani della società che entro ottobre del 2016, dovrà presentare il progetto definitivo. Ma questa è un’altra storia.

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