Il declino del Cagliari? Parte da lontano e non è casuale: ecco perché

I rossoblù verso la B. Le ragioni sono da ricercare in un impoverimento progressivo della rosa nel corso degli anni

Antonio De Renzis
06/05/2015
Approfondimenti
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Le vicende dell’attuale tribolata stagione del Cagliari sono la dimostrazione lampante che nel calcio il declino di una società non giunge mai dall’oggi al domani, ma ha radici robuste e profonde.

La storia del Cagliari dell’ultimo decennio ce lo insegna. Senza scomodare i tanti grandi giocatori – più qualche fuoriclasse – che hanno vestito la maglia rossoblu nei primi anni novanta, anche negli ultimi dieci anni sono passati di qui diversi atleti di livello, alla cui partenza spesso non è seguìto l’arrivo di giocatori altrettanto all’altezza. Uno dei casi più eclatanti fu quello di Federico Marchetti, uno dei migliori portieri italiani pur tra alti e bassi, prelevato dall’Albinoleffe nel 2008 grazie ad una delle proverbiali intuizioni dell’allora presidente Cellino, per poi essere ceduto alla Lazio per la modica cifra di 5 milioni, dopo essere stato messo a lungo fuori rosa a causa di attriti con il massimo dirigente rossoblu. Da allora, il Cagliari non ha ritrovato un portiere dello stesso livello. Michael Agazzi, pur difendendo la porta rossoblu per quattro stagioni, è stato più croce che delizia.

Che dire poi di Alessandro “Ago” Agostini, un totem rossoblu con le sue 298 presenze totali di cui 266 in serie A, terzino sinistro difensivo eccezionale per sagacia tattica, capacità di recupero, fenomenale nelle diagonali difensive. Chiuse malinconicamente la sua storia in rossoblu nel 2012, senza che peraltro vi fosse alcun ricavo per le casse societarie e senza l’arrivo di un altro terzino sinistro alla sua altezza. Un altro giocatore di ottimo livello tecnico, di cui nessun omologo si è più rivisto a queste latitudini, è stato Michele Fini. Centrocampista offensivo raffinato, capace di ricoprire più ruoli dalla metà campo in su, miglior assist-man del campionato 2008-09 con ben 13 passaggi vincenti.

Quanto sarebbe servito, poi, al Cagliari di oggi un Jedaias Capucho Neves, al secolo Jeda! Seconda punta molto tecnica e tattica, micidiale sotto porta anche di testa, nonostante la non rilevante statura, preziosissimo anche in fase di non possesso, fu protagonista di due ottime stagioni nel 2008-09 e nel 2009-10 con 19 reti. Venne ceduto per appena un milione al Lecce. Guardando l’attacco dalle polveri bagnate di questa stagione non possiamo dimenticare Alessandro Matri, capace, tra gli altri, di eguagliare nel 2009 il record di Riva andando in gol in sette partite consecutive. Se non altro, la sua cessione alla Juventus avvenuta il 31 gennaio 2011 fu molto vantaggiosa per le casse societarie (2,5 milioni per il prestito oneroso, più altri 15,5 milioni per il riscatto). Ma un attaccante così non l’abbiamo più avuto.

Il resto è storia recente. Si parte da Radja Nainggolan, giunto giovanissimo in terra sarda e diventato in poco tempo un centrocampista gigantesco, capace anche in una grande di trascinare quasi da solo la mediana in molte partite. Anche questa operazione ha portato e porterà ancora molti benefici economici alle casse della società (il centrocampista belga deve essere ancora interamente riscattato dalla Roma per una cifra da definire), ma di sostituti alla sua altezza non ne sono arrivati.

Tutti speriamo nella grande promessa Donsah.

La nuova proprietà con a capo il presidente Giulini ha puntato quasi tutto su Zeman, nella speranza che fosse lui il valore aggiunto per far decollare un nuovo progetto.

Purtroppo sappiamo come è andata. Le partenze, ciascuna per motivi diversi, di giocatori del calibro di Astori, Avramov, Pinilla, Ibarbo, e finanche di Nenè e Vecino non sono state compensate da arrivi altrettanto all’altezza.

Vuoi per la giovane età, vuoi per l’inesperienza, vuoi per inadeguatezza tecnica, la rosa del Cagliari si è purtroppo dimostrata troppo fragile per evitare i bassifondi della classifica. Questo è quanto ha detto il campo, poi, certo, i destini di un campionato dipendono da molteplici fattori, sfortuna inclusa. Ora bisogna ripartire ed è giusto concedere alla nuova dirigenza il tempo necessario per capire dove si è sbagliato e quali rimedi trovare.

Non sarebbe giusto imputare all’attuale proprietà tutte le responsabilità dell’insuccesso di questa stagione, perché l’indebolimento del Cagliari parte da lontano.

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