L'arte del rimanere in piedi

L'analisi del match contro il Benevento

Luca Neri
10/05/2021
L'Editoriale
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La Sardegna sprofondava nell'incubo della zona arancio-rossa, il Cagliari ne usciva. Prima con l'istinto di sopravvivenza, poi con l'adrenalina del pericolo imminente, infine con l'abbrivio del vento alle spalle.

Capita di scivolare e rimanere in piedi, sarà successo a tutti. Il cuore va in gola, tremano le gambe, ma la sensazione del pericolo scampato è veramente una favola.

Non è ancora finita ma quasi, il sigillo finale di Joao Pedro ha forse slegato definitivamente il cappio dal collo dei rossoblù, che ora possono godere anche del vantaggio negli scontri diretti: i quattro punti sul Benevento sono di fatto cinque, e a tre giornate dalla fine (con l'Atalanta di mezzo e lo Spezia a far da cuscinetto) suonano come un'amnistia.

Il Cagliari ha approcciato la partita perfettamente, dove la perfezione esiste nel suo significato letterale, ovvero in qualità di qualcosa che non poteva essere realizzata meglio. L'unico difetto nel 24 carati di Lykogiannis era la tempistica, perché – di fatto (e nei fatti) – garantiva la possibilità di ristabilire la situazione al Benevento. I giallorossi, in più, non hanno dovuto nemmeno modificare il piano gara, pensato per cercare la vittoria sin dalle prime battute. E infatti i campani ci hanno messo pochissimo, sfruttando la più endemica debolezza rossoblù, immersi ad aprile nello Stige ma ancora vulnerabili sulle imbucate centrali. Il gol ha pesato il doppio per la modalità, con i sardi che se lo son praticamente andati a fare da soli, esattamente com'era successo a Napoli. A quel punto l'obiettivo del Cagliari è diventato uno solo: portarla all'intervallo così com'era, stringendo i denti e aspettando gli spogliatoi per calmare le acque e pensare come incassare qualche montante in meno. Affanno, apnea e Alessio, le tre A per mantenere il risultato e – probabilmente – la A stessa. Cragno ha fornito qualche valido motivo al CT Mancini per farlo salire sull'aereo e i primi 45 minuti si sono chiusi col pericolo scampato, più ratione autoritatis che autoritate rationis. Semplici ha avuto modo di ritoccare quel tanto che bastava per ritrovare il Cagliari, al resto ci ha pensato l'artiglieria pesante. Pavoletti ha fatto il Pavoletti, Nandez ha fatto il Nandez – e forse anche qualcosa in più. Simeone, “sporcato” dal flirt settimanale con Premier e Liga, è rimasto in panchina, con un altro messaggione recapitato dal tecnico: il Cagliari ha bisogno di chi ha bisogno del Cagliari.

Un Cagliari che ora è all'ultima curva: poi sarà tempo di analisi. Qualcuno lascerà la barca, è nella realtà delle cose, altri ci rimarranno aggrappati. Ma non sarà un naufragio. Tornando indietro di un mese, fa specie dirlo.

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