Alla vigilia del prossimo turno di campionato, gara (quasi) cruciale per i destini di Cagliari e Benevento, è bene analizzare quanto conti e cosa rappresenti quella differenza in classifica che vede i sardi sopra di un punto rispetto ai campani.
In termini assoluti, matematicamente parlando, il vantaggio di un punto alla vigilia di uno scontro diretto, potrebbe sembrare poca cosa, anche perché essendo una “finale”, come spesso accade, tutto è possibile.
Se poi, chi ha il vantaggio deve anche giocarsela in trasferta, si direbbe che le due squadre partano al fischio d'inizio praticamente alla pari. Si direbbe.
Analizzando invece il cammino del Cagliari delle ultime 4 giornate, non si può trascurare la crescita di un gruppo che ha fatto della tenacia il suo punto di forza e del suo mister il relativo detonatore.
I 10 punti in 4 gare infatti, sono tutti arrivati con pazienza, sacrificio, voglia e sudore che (3 volte su 4) hanno premiato i rossoblu poco prima del fischio finale. Chiaro esempio concreto di crederci fino all'ultimo secondo, godendo di ciò che in passato spesso si pativa (vedi minuti di recupero).
Una cosa è dunque, avere un punto in più per inerzie di classifica, per partite “scialbe”o avendo usufruito, ad esempio, di rigori dubbi, o regalie ingenue degli avversari.
Altra cosa è (tornando al Benevento) l'essere arrivati alla vigilia del match con i sanniti, dopo essersi guadagnati tutto, veramente tutto, a costo di anni di vita spesi sul campo e coronarie a rischio davanti alla TV (chiedere ai tifosi).
Tutto questo, e cioè quando conosci il prezzo - di ciò che hai guadagnato - è l'attuale forza di un Cagliari che non vuole sprecare invano le fatiche dell'era Semplici.
Andare a Benevento e non fare risultato infatti, vorrebbe dire (ad oggi) buttare al vento sia la vittoria con la Roma che il pareggio contro il Napoli, per citare due big. E in casa rossoblu, non è certo il mantra all'ordine del giorno.
Se in classifica dunque, un punto vale uno, nella testa vale molto di più.
Vale quanto il desiderio di lasciare i campani terzultimi, uscire dalla bagarre retrocessione, gioire col mister, e chiedersi un giorno il perché di una stagione così fluttuante.
Anche se, per rispondersi, c'è tutta l'estate davanti.