Si cerca la svolta, il cambio di passo, la sgasata improvvisa. Non arriva ed è logico che non arrivi. Esiste una formula quasi matematica che determina il momento esatto in cui scatta la scintilla e trasforma una squadra e il suo rendimento. È l'istante in cui l'insieme delle cose che funzionano supera quello delle cose che non funzionano. Oggi, forse ancora per poco, il numero delle cose che non funzionano al Cagliari è ancora superiore.
I miglioramenti ci sono, il rapporto e la tendenza lentamente iniziano ad invertirsi, ma la partita di ieri sera ha evidenziato in modo netto cosa non vada.
Innanzitutto, la storia del nostro campionato insegna come le grandi salvezze si siano costruite sui gol di un attaccante, dai più improbabili (ricorderete quella clamorosa del Crotone acciuffata coi timbri di Falcinelli) ai bomber di razza. Simeone non segna dal 31 ottobre, praticamente un'era geologica quando si parla di un centravanti. Pavoletti ne ha segnato uno solo (più di due mesi fa), Cerri nemmeno quello. Joao continua a buttarla dentro in un modo o nell'altro, ma chiaramente non può bastare. Di Francesco le sta provando quasi tutte con un'alternanza quasi scientifica, solo leggermente sbilanciata a favore del Cholito. Ma i due (considerando Cerri come Joker da secondo tempo) non incidono, graffiano senza unghie. Spesso si ha la sensazione che corrano a vuoto, ricevono pochissimi palloni giocabili e quei pochi non vengono quasi mai concretizzati.
Il secondo capitolo riguarda una squadra palesemente indietro nella condizione di diversi elementi chiave. Aldilà di Asamoah, rinforzo da riparare per il mercato di riparazione, è evidente come Nainggolan sia lontano anni luce dalla versione migliore di sé stesso. L'unica discriminante, per nulla banale, si chiarirà nelle prossime settimane, quando il belga sarà chiamato a pronunciare un semplice “scusate il ritardo”, dimostrando che la fase calante (e dunque irreversibile) sia ancora lontana. Altro uomo chiave, evidentemente fuori fase, è Gabriele Zappa, anche lui ben distante dal rendimento strepitoso di inizio stagione, quando nel suo moto perpetuo sulla destra sembrava di rivedere il primo Andrea Conti (la versione atalantina).
Terzo e ultimo snodo cruciale, l'ansia da prestazione. E qui purtroppo si tratta di un circolo vizioso. Perché la classifica preoccupante, lo dice la parola stessa, preoccupa. E la preoccupazione snatura. Squadre abitualmente corte si allungano, squadre solide si sciolgono e squadre spavalde tremano. Il problema è che per alleggerire lo status bisogna tornare a respirare là in fondo, e per tornare a respirare bisogna vincere. Il Cagliari, e qui Di Francesco giocherà un ruolo decisivo, dovrà essere bravo ad andare oltre, superare lo scoglio psicologico e non perdersi. O forse, soprattutto, ritrovarsi.