Ci sono dei luoghi della nostra Sardegna che, nonostante gli antichi fasti e splendori, oggi vivono in ombra. Luoghi che fino a qualche anno fa risplendevano grazie al lavoro delle persone che vi abitavano o prestavano servizio, luoghi di lavoro o svago, nati per offrire ristoro a lavoratori e viaggiatori, accomunati oggi da un inesorabile destino: l’abbandono.
Stupisce che, tra i numerosi luoghi abbandonati in Sardegna, ci siano anche siti che, non troppo tempo fa, erano delle piccole cittadine le quali, nell’arco di una veloce nascita ed espansione ed un altrettanto rapido declino, oggi siano poco più di un cumulo di ruderi e macerie.
A pochi km da Siliqua, ad esempio, tra gli anni ’30 e la fine degli anni ’80, era attiva niente meno che una polveriera, un deposito munizioni prima della Marina Militare e successivamente dell’esercito. Una piccola cittadina, come dicevamo, che brulicava nel bel mezzo della macchia mediterranea, tra i suoi numerosi caseggiati e depositi.
Una vasta area di circa 80 ettari e composta da numerosi edifici sparsi, raccordati da viuzze, oggi quasi del tutto ridotto a ruderi in balia di vandali e “writer” che usano le varie superfici per disegni o scritte di vario genere e natura, ma anche location privilegiata per gli amanti del Soft Air, ossia gli appassionati delle simulazioni, assolutamente non violente, di azioni militari.
Muovendosi tra i vari edifici, i bunker, i vari caseggiati, le torri di avvistamento, o addirittura l’hangar, è possibile tuttavia scoprire le decorazioni dell’epoca come ad esempio i murales dell’epoca in cui era sotto gestione della Marina Militare: ancore, timoni e vascelli dominano le pareti resistendo, con i loro colori, all’incuria del tempo.
Alcune strutture invece risultano essere troppo danneggiate anche solo per provare ad intuirne la antica funzione, senza tuttavia perdere, per i visitatori rispettosi e curiosi, l’antico fascino.
Colpiscono inoltre il distributore del carburante, la cabina elettrica ma anche, e forse soprattutto, il tracciato dell’antico binario con piccola stazione per il carico/scarico merci.
Dietro questa piccola stazione, è possibile addentrarsi verso i depositi delle armi e munizioni, situati in quella che doveva essere una zona ulteriormente protetta, anche da eventuali fulmini grazie alla cosiddetta Gabbia di Faraday, una specie di ingabbiatura di ferro che aveva lo scopo di isolare la zona interna e scaricare a terra le scariche elettriche generate appunto da agenti atmosferici.
Da quello che un tempo era un centro militare attivo e fervente ad oggi, dopo un lento declino, un ammasso di ruderi nascosti dalla vegetazione, dalla natura che si è riappropriata del suo territorio svelando però ai visitatori gli antichi fasti del genio umano.