Gianfranco Zola, ex fuoriclasse e bandiera del Cagliari, è stato ospite della trasmissione Il Cagliari in Diretta, in onda su Videolina e Radiolina, dove ha parlato dei suoi trascorsi in rossoblu, sia da giocatore che da allentore, e del Cagliari di oggi.
Ecco le sue dichiarazioni:
"Cosa sto facendo? Non sono più potuto rientrare in Inghilterra per la situazione Covid, al momento sono qui in Sardegna in attesa di tempi migliori. I miei figli seguono le lezioni inglesi online, in modalità e-learning.
Magic Box? Me l'hanno dato i tifosi del Chelsea. Forse li ha colpiti il mio modo di giocare e quindi mi hanno dato questo soprannome. Era raro vedere dei giocatori stranieri in quel periodo. Poi ci fui io, Vialli, Di Matteo, Bergkamp ed Henry e le cose cambiarono.
Concludere la carriera al Cagliari? Volevo finire lì, avevo una forte motivazione, mi sono immedesimato subito nella situazione, la mia fortuna è quella di aver trovato un gruppo di ragazzi eccezionali che ha agevolato il mio inserimento. Avevo un grande rapporto con Suazo. Era un giocatore con capacità straordinarie già da giovane, aveva solo bisogno di crescere in personalità, quindi magari quando tornavamo dalle trasferte in aereo parlavamo molto su cosa ci fosse da migliorare. Avevamo un allenatore come Reja che teneva unito il gruppo, abbiamo ottenuto grandi risultati con lui.
Futuro? Al momento mi sto prendendo uno stacco dal calcio dopo l'ultima esperienza col Chelsea. Mi sto dedicando di più alla mia famiglia, è un piccolo spazio che mi sto ritagliando per mia figlia.
Guardare il Cagliari? Lo faccio sempre, è una squadra che dal punto di vista offensivo mi offre degli spunti importanti. Di Francesco è molto bravo in questo senso. Allenare il Cagliari è stato un po' un azzardo. Arrivai a stagione iniziata con una squadra non mia, ho cercato di dare il massimo, mi dispiace non aver potuto incidere di più. Era una squadra con grandi potenzialità, c'erano anche giovani che riuscivano a dare il meglio di sé. È stato un grosso dispiacere, le circostanze non hanno aiutato.
Joao Pedro? In quel periodo giocava da mezzala e non con regolarità, dopo due tre allenamenti abbiamo subito visto in lui qualità importanti. Vedeva la porta come pochi, era molto diretto, abbiamo capito subito che fosse forte. Fui il primo a metterlo sulla trequarti, perché il meglio di sé lo dava in maniera offensiva. Controllava la palla e subito tirava in porta, la piazzava sempre, questa era la cosa che mi aveva colpito di più.
In che giocatore mi rivedo? Il calcio è molto cambiato rispetto ai miei tempi. Prima giocatori come me giocavano da seconda punta o da trequartista, ora invece giocano da esterno o da finto nove. Un giocatore che mi assomiglia è Mertens, che è una via di mezzo tra un attaccante e una mezza punta. Anche Insigne mi ricorda un po' me.
Maradona? Da giovane era molto timido, riservato. La prima volta che lo incontrai feci la figura del cretino, non riuscii a dire due parole di fila. Quando ti era vicino sentivi proprio la sua presenza, era una persona di grande spessore umano. La prima volta ero commosso, emozionato, non sapevo cosa dire. Volevo finire fortemente al Cagliari. Poi volevo lasciare un gran ricordo al Chelsea. Ho realizzato quanto era stato difficile lasciare Londra quando sono arrivato a casa e piangevo come un bambino prima di firmare col Cagliari, perché sapevo di tagliare un rapporto bellissimo con una società e una tifoseria che mi aveva dato tanto.
Gol più bello col Cagliari? Probabilmente quello di testa contro la Juve, fare gol così e pareggiare in quel modo là è una cosa speciale.
Addio? Non sapevo ancora se smettere o no. Il passaggio da giocatore a ex giocatore è stato traumatico, è come se morisse una parte di te. Qualcosa viene a mancare dentro di te. Ci stava un altro anno secondo me, fisicamente ero ancora abbastanza integro, c'era la voglia e poi avevamo un gruppo eccezionale, quindi ci davamo una mano a vicenda. Ho giocato fino a 39 anni, alla fine va bene così, non c'era modo migliore per chiudere.
Gigi Riva? Un personaggio importantissimo. Lo conobbi in Nazionale, con lui feci i Mondiali del '94 negli USA. Era una persona importante per un consiglio, quando parlava non diceva cose mai banali. Il Cagliari di oggi? È una squadra che gioca molto bene dal punto di vista offensivo, questa è una caratteristica tipica delle squadre di Di Francesco. Potrebbe fare molto di più secondo me. Deve ancora migliorare dal punto di vista difensivo, ma davanti si muove benissimo. Quando riuscirà a trovare un po' più di equilibrio potrà fare molto di più di quello che sta facendo.
Catania Cagliari? Fu la seconda gara di Serie B, dove vincemmo 3 0 fuori casa. Mi ricordo del terzo gol che feci su punizione. Fare la Serie B col Cagliari, era importante come fare la Champions col Chelsea. Addirittura mi divertiva andare a giocare a Tempio.
Il calcio di oggi senza pubblico non è calcio. Per un calciatore una delle motivazioni principali è quella di far divertire la gente che è allo stadio. Fa male vedere le partite adesso".