La Sardegna è una terra che ha lo straordinario potere di ammaliare chiunque la osservi e visiti le sue coste, i suoi borghi e le città, le sue campagne, le sue montagne.
I suoi paesaggi aspri e sconfinati, ancora selvaggi e puri, sinceri e veri catturano il cuore di chi sa coglierli, lasciando un segno profondo nell’animo della sua gente e dei visitatori.
Immagini di grande bellezza ambientale ma anche antropica, basti pensare ai nuraghi, allo splendore dei suoi abiti tradizionali, alle rovine archeologiche che ovunque nel territorio raccontano una storia millenaria di uomini laboriosi e orgogliosi.
E ci sono ancora oggi uomini che, questa storia, continuano a raccontarla in immagini, storie dipinte su muri coperti di calce bianca come moderne pagine di un libro ancora in divenire.
Sono i Murales, opere moderne di straordinaria importanza comunicativa, capaci di raccontare senza parole ciò che libri interi non riuscirebbero a contenere perché la potenza dell’immagine riesce ad andare oltre a “su fueddu”.
Lawrence scriveva che la Sardegna è una terra fuori dal tempo e dalla storia ma non si può negare che la storia ha scritto le sue pagine anche su questa terra. Ed i murales rappresentano l’arte pittorica che, forse meglio di altre, riesce ad esprimere pubblicamente, su un muro, un concetto, un pensiero o un’ideologia popolare.
In Sardegna le prime rappresentazione di questa forma d’arte hanno il nome di Pinuccio Sciola ed una data precisa, il Corpus Domini del 1968. Questa è la data che sancisce l’inizio di una rivoluzione culturale che, a differenza di molte altre parti del mondo dell’epoca, è assolutamente non violenta ma anzi intrisa di valori della comunità e della condivisione. Una rivoluzione che richiama artisti da ogni dove, chiamati a raccolta da quel Pinuccio che, coinvolgendo la sua gente, imbiancava e colorava il suo piccolo borgo agricolo.
Il Muralismo si diffonde a macchia d’olio, ovunque nell’isola si moltiplicano i messaggi affidati ai murales.
“Inoche semus a repubrica” si legge ad Orgosolo, che in un motto popolare di protesta si autoproclama repubblica e denuncia i soprusi di chi ha illuso la popolazione con proclami e promesse disattese.
Scenari più bucolici, di lavoro agricolo e pastorale, la raccolta delle pesche e l’operosa serenità della popolazione invece sono i temi preferiti dai muralisti sansperatini.
I temi sono tanti, e molteplici i modi di affrontarli e raccontarli, anche in base alla sensibilità ed alla modalità espressiva dell’artista. Ne è un esempio Tinnura, piccolo borgo della provincia di Oristano, che ha scelto di dare carta bianca, o per meglio dire … parete bianca, agli artisti, assistendo così ad un fiorire di murales che spaziano dalla mirabile rappresentazione di Giuseppe Garibaldi alle donne intente alla realizzazione di cestini, altra eccellenza di questo piccolo centro, o ancora scene di vita pastorale e lavori in campagna.
Un’arte, quella del muralismo, che vive con la gente, per le strade delle nostre città.