Le giornate passano, la classifica si fa sempre più preoccupante e il Cagliari prosegue in un declino tecnico e mentale che non accenna a trovare una fine.
A San Siro, di fronte ad un Milan superiore ma non certo paragonabile ai fasti delle epopee berlusconiane, la formazione isolana ha nuovamente restituito la chiara e inequivocabile impressione di come ad ogni gara si provi a racimolare qualche punto senza una chiara convinzione sul come farlo.
Un Maran oramai lontano parente di quello approdato in estate in Sardegna, dopo una settimana dove ha confessato di aver provato la difesa a tre, ha optato per un’altra soluzione inedita, ovvero quella che ha visto una mediana in linea con lo spostamento di Padoin sull’out mancino di centrocampo e l’inserimento del giovane Pellegrini in difesa.
L’ex romanista dal canto suo, è stato uno dei pochi a salvarsi, salvo poi essere prontamente risucchiato in una mediocrità che non lascia presagire nulla di buono.
Tale situazione è frutto di una condizione (o meglio non condizione) generale, che soffre la mancanza di certezze solide e non può essere limitata attraverso la ricerca di un gioco condiviso che passa da un modulo certo.
Ciò che viene affermato da tempo dal tecnico rossoblù al termine di partite che definire incolori appare un eufemismo, non può offuscare l’evidenza dei fatti. Il continuo mutare di modulo, interpreti e una triste costanza di un gioco basato su pochi e improduttivi concetti, rischia di trasformare una rosa più che attrezzata al fine di mantenere la categoria, in un collettivo disunito e impaurito.
Maran salvo eventi clamorosi rimane ben saldo alla guida del formazione sarda; tuttavia appare oltremodo urgente ritrovare un minimo di compattezza basata su un modulo, uomini e schemi certi e propositivi. Ricompattando così un ambiente che dai sentimenti di frustrazione, incredulità e rabbia, sta passando ad una quotidianità segnata dalla paura.